sabato 31 dicembre 2011

Le orge sfrenate del demonio


Sempre alla Santa Messa dell'ultimo dell'anno vi è una preghiera dopo la Comunione che mi ha sempre colpito, per la durezza del suo linguaggio, per l'eccessiva concessione ad immagini 'infernali'..credevo che con gli anni la Chiesa provvedesse a mitigarne i toni ma così non è, e me la ritrovo sempre uguale: "O Dio forte ed eterno, tu non vuoi che i convitati alla tua mesa indulgano alle orge sfrenate del demonio; dona, dunque, al tuo popolo di perdere ogni gusto per i piaceri che danno la morte......" Non so, sbaglierò ma mi pare una preghiera che poco valorizza i giusti, sacrosanti piaceri della vita. Che ogni tanto è una valle di lacrime, ma non è il caso di procurarseli i dispiaceri.

Quelle antiche Compiete


Come da tradizione, sono stato alla Messa dell'ultimo giorno dell'anno, dove si canta il Te Deum di ringraziamento, e ho ringraziato per un anno davvero bello per me. Alla fine, inaspettatamente, è stata cantata la Benedizione eucaristica solenne, e sono stato riportato in un balzo alle antiche Compiete della mia giovinezza, che si recitavano la domenica pomeriggio. Naturalmente noi ragazzini dell'oratorio non avevamo nessuna intenzione di rinchiuderci per mezz'ora nella buia, umida, fredda e disadorna chiesa parrocchiale di Biumo Inferiore, ma eravamo costretti a farlo. Così ho risentito quasi con commozione il canto del Tantum ergo Sacramentum....che a un certo punto dice Genitori, genitoque..e io mi chiedevo cosa c'entrassero i genitori in quella preghiera cantata.

Troppo forti?


Ecco la Cimberio Varese, ieri sera, mentre 'scalda i motori' prima del match con Cantù, perso poi, come è noto, 67 a 83. Lo stesso Charley Recalcati ha ammesso l'attuale superiorità della Bennet, ma io in verità ho visto soprattutto una Cimberio disastrosamente imprecisa nel tiro pesante. Ricordo che a 5 minuti dalla fine eravamo a 5 punti. Una maggior precisione nel tiro e si poteva persino vincerla la partita. Non vedo tutta questa differenza. Il Campionato dirà.

Bof fluorescente


Presente ieri sera al PalaWhirlpool anche l'amico giornalista Roberto Bof che, per effetto del mio flash, appare fluorescente, tipo Madonnina di Lourdes (quelle che si vedono anche di notte!). Lo ringrazio per le foto dalla Val Grande e auguro a lui, e a tutti i colleghi dei media, una buona fine e un miglior inizio.

Niente virgolette


L'amore, così dolce, ha bisogno di continue conferme. Non si dà nulla per scontato in amore. Non esistono frasi del tipo: "Ma come? Dubiti forse del mio amore? Sai che ti voglio bene" come se bastassero le parole. Non si mettono le virgolette sotto la parola amore. Bisogna riscriverla ogni giorno, ogni ora, ogni minuto.

Sorge l'alba


Sorge l'alba del 31 dicembre, ultimo giorno di questo 2011 da incorniciare. Questo 2011 mi ha detto soprattutto una cosa, ha confermato la frase di un'immaginetta giovanile, che conservavo nella Diurna Laus: "E' il cuore che sente Dio, non la ragione." Il cuore ha paura del vento della vita, e noi abbiamo paura del nostro cuore: in fondo vivere è superare la paura di vivere.

venerdì 30 dicembre 2011

Cimberio Varese-Bennet Cantù: 67-83


Niente da fare, Cantù non ha dominato ma quasi: molto meglio nei tiri da fuori, difesa più aggressiva, un fastidioso senso di superiorità nei nostri confronti. Abbiamo retto il primo/quarto, è poi nel secondo la debacle nei tiri da fuori. Nonostante percentuali bassissime, siamo rimasti lì a pochi punti sino agli ultimi 5 minuti, quando la Bennet ha preso il largo e noi li abbiamo salutati dalla riva. Subito due falli per Rok Stipcevic, che è stato annullato dalla difesa avversaria, ottimo inizio per Talts, poi condizionato dai falli, per il resto niente da segnalare di positivo, se non un Reati che ha avuto un momento di gloria con 6 punti di fila, troppi errori per Rannikko. La sconfitta ci sta tutta.

Accadde...un anno fa




Sabato 1 gennaio 2011 – sereno
E’ iniziato nel peggiore dei modi il 2011 a Varese. Intorno alle 4.30 di stanotte, di fronte al Volo a Vela, sulla lacuale, un impatto fra due auto è stato fatale ad una ragazza di 26 anni, Manuela D’Alessandro, di Voltorre di Gavirate. Sedeva di fianco al suo ragazzo, che era alla guida di una Smart. Per cause da accertare, si è verificato uno scontro fra la Smart e una Citroen XSara, con a bordo 4 persone. Nessuno degli altri 5 giovani è in pericolo di vita.

Domenica 2 gennaio 2011 – sereno, coperto
La prima nata in provincia di Varese, venuta alla luce ieri alla 1 e 44, si chiama Anna, Anna Gasparini: tre chili e 50 grammi per 50 centimetri di lunghezza, nata per la gioia di mamma Donatella e papà Simone, di Castronno. Anna è nata all’Ospedale di Busto Arsizio. A Varese, invece, il primo pianto liberatorio è stato quello di Mattia Ruggeri.

Lunedì 3 gennaio 2011 – variabile
Dopo due notti e quasi tre giorni ai Miogni, è stato liberato stamani Marco Previati, il giovane di Gemonio portato in gattabuia con l’accusa di essere fra gli autori dell’attentato dinamitardo alla sede della Lega. Il gip ha disposto l’immediata scarcerazione, non essendoci alcuna prova a suo carico. La polvere trovata a casa sua non era certo polvere pirica, ma l’avanzo di un esperimento fatto da Marco, appassionato di chimica.

Martedì 4 gennaio 2011 – coperto
Purtroppo le nuvole hanno impedito ai varesini di gustare l’eclissi solare, che questa mattina, fra le 8 e le 9, ha portato ad una copertura della stella (da parte della luna) del 65%, un evento astronomico di grande suggestione. Si dovrà ora attendere sino al 2026 per poter ammirare un’eclissi di tale portata: meteo permettendo.

Mercoledì 5 gennaio 2011 – coperto, sereno
Si prospetta una piccola tegola in testa al Varese calcio, lanciato ai vertici della serie B: Daniele Buzzegoli, bomber di prima grandezza, sarebbe nel mirino dello Spezia, che avrebbe offerto una cifra molto molto interessante. In attesa di vedere gli eventi, buone nuove invece in casa Pro Patria: dopo la gestione Tesoro, abbiamo un nuovo patron, si tratta di Massimo Pattoni, imprenditore edile cremonese.

Giovedì 6 gennaio 2011 - coperto
Saldi partiti a rilento, ma in compenso un pensionato vince 1 milione di euro al Gratta e Vinci, tagliando acquistato all’Iper. La Befana è beffarda e porta tanto carbone alla Cimberio basket, che rimedia al PalaIgnis la quinta sconfitta di fila: 84 a 91 contro la Dinamo Sassari. E le cose si mettono male, in un campionato dal grande equilibrio. La vetta non è lontanissima, ma neppure la coda, con il fantasma della retrocessione.

Venerdì 7 gennaio 2011 – coperto, pioggia sottile
Il 4 gennaio del 1978 moriva a Varese l’architetto e uomo di cultura Bruno Ravasi, noto per i suoi numerosi lavori in città (fra gli altri, la chiesa parrocchiale di Bobbiate) e per i restauri alle chiese cittadine. In particolare lo si ricorda per il restauro della chiesetta romanica di Santo Stefano a Bizzozero. E proprio di recente, grazie a Pino Terziroli, è nato un comitato pro-restauri, per continuare i lavori iniziati da Ravasi.

Sabato 8 gennaio 2011 – pioggia fine
Domani Luigia Fabbroni, residente a Induno Olona, compirà 105 anni. E’ nata infatti il 9 gennaio del 1906 a Latisana. A festeggiarla ci saranno i tre figli Eugenio, Virginia e Rosanna, gli undici nipoti e i tredici pronipoti. Una lettera di auguri è arrivata, naturalmente, anche dal sindaco di Induno Mariangela Bianchi, felice di poter annoverare fra i suoi concittadini questa simpatica pluricentenaria.

Parole nuove


Lo ammetto, con gli anni si diventa più esigenti, anche perché se ne sono sentite tante. Di prediche, ad esempio. Faccio davvero fatica a trovare sacerdoti che mi catturino con la loro omelia. Sarà colpa mia, certo. Chissà cosa pretendo. La mia ricerca di parole nuove è fuori luogo, forse. Ma credo sia un mio diritto.
Non voglio certo fare la predica a chi fa la predica per professione, solo qualche consiglio, con umiltà.
1) Scegliere sempre una predica BREVE. Non si sbaglia mai. Al massimo il peccato è veniale. Pochissimi possono permettersi prediche oltre i 10 minuti. Devono essere davvero in gamba. Ricordo un salesiano, tanti anni fa: avrebbe potuto parlare per ore, le sue parole rapivano. Ma sono eccezioni.
2) Non pronunciare frasi del tipo 'Non occorrono le parole' e ancora 'Ogni parola è inutile, basta il silenzio' salvo poi continuare la predica a lungo.
3) Non fare lunghe pause di silenzio e, al primo sospiro di sollievo degli astanti (dai che è finita!), riattaccare con entusiasmo, con brio, quasi a dire: 'No, miei cari, è ancora lunga'.
4) Evitare pose da attori. Quello è un altro mestiere.
5) Evitare cartelli con scritte 'Non si confessa durante l'omelia'. La confessione è un sacramento, l'omelia no.

La forza dell'amore


La forza dell'amore allarga gli orizzonti. La forza dell'amore spalanca le porte, non le chiude. Chi fa un'esperienza d'amore acquista familiarità con l'amore universale, dal quale nessuno è escluso, neppure il peggior nemico.

giovedì 29 dicembre 2011

Cantine Zanzi


Mi hanno regalato una bottiglia di lambrusco amabile (il mio vino preferito) delle cantine Zanzi (il mio cognome preferito). Vi garantisco che è squisito.

Sergio e Roberto


Questo pomeriggio sono stato ai funerali di Sergio, papà della mia amica Patrizia, morto dopo una lunga malattia. Per me Sergio è un eroe, perché è riuscito a vivere ancora, dopo la tragica morte del figlio Roberto, ancora ragazzo. Già questo è un titolo sufficiente, una credenziale di tutto rispetto. Non conoscevo Sergio, è stato descritto come una persona buona, riservata, che non amava mettersi in mostra, che amava la sua famiglia, il suo lavoro, che ha saputo vivere la malattia con dignità. Ho saputo anche che di mestiere riparava macchine da scrivere, strumenti che ho sempre amato. Mi consola pensarlo finalmente riabbracciare il figlio Roberto. A questo abbraccio Sergio deve averci sperato da quel tragico giorno: questo abbraccio ipotizzato gli ha dato la forza di svegliarsi, di andare al lavoro, di tornare a casa e di addormentarsi la sera.

Un arpeggio per nonna Teresina


Sbaglierò, ma credo che nonna Teresina abbia particolarmente apprezzato quel semplice, preciso, curato arpeggio alla chitarre elettrica, che le ha regalato il nipote Marco al termine del suo funerale, celebrato stamani nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo in Biumo Inferiore. Perché la musica vola, è libera, non ha il peso delle parole, rischiose. Un arpeggio di poche note, capace di commuovere nonna Teresina e i presenti. E credo che mamma Teresina abbia apprezzato i canti di Maria, e senz'altro le molte preghiere, che hanno accompagnato il suo ultimo viaggio terreno.

La domanda fatale


"Sarà lui? Non sarà lui? Sarà lei? Non sarà lei?" Ecco la domanda fatale: per gli innamorati non esiste. Chi se la pone è innamorato per modo di dire, all'acqua di rose, in tono minore. Il suo amore è un fiore già secco.

Per innamorarsi


Per innamorarsi bisogna dire al proprio io ingombrante: "Mio caro, mettiti da parte!"

mercoledì 28 dicembre 2011

Il papà di Patrizia


Ieri la morte della signora Teresina, mamma della mia amica Carla, oggi è morto il papà della mia amica Patrizia (foto), che abbraccio. Per noi, amici da quarant'anni, è il tempo della morte dei genitori. C'è stato il tempo della nostra amicizia, agli inizi degli anni Settanta, il tempo degli amori, dei matrimoni, delle nascite dei nostri figli, dei battesimi, delle prime comunioni, intervallati (per fortuna raramente) da morti improvvise, di alcuni di noi o dei genitori in giovane età. Io porto ancora i segni della morte di mia madre, nel 1984, a soli 56 anni. Oggi è il tempo dei primi matrimoni dei nostri figli, dei primi nipoti, ma è purtroppo anche il tempo di salutare chi ci ha dato la vita. Non siamo mai pronti alla morte, non possiamo esserlo, noi che siamo fatti di vita, per la vita. La morte è la negazione della nostra essenza, non ci appartiene, è un assurdo, un non senso. Eppure dobbiamo digerirla. Accettarla, sopportarla, 'viverla' è il compito più ingrato, è un compito disumano. Per questo abbiamo bisogno di credere che non si muore mai, ci occorre un Dio che ci aiuti nel cammino più duro. Che ci prenda per mano. In braccio. Quel che sia, purché si possa superare la prova.

Dopo un abbraccio


Dopo un abbraccio fra due persone che si amano davvero, l'universo non arrossisce, tira piuttosto un profondo sospiro di sollievo.

IL RACCONTO DEL MERCOLEDI'


Adesso vai pure

Quel suo ultimo bacio scivolò sulla pelle della mia fronte e s’intrufolò fra i capelli. “Adesso vai” disse mio padre. “E’ primavera.”
Mi spinse in là, verso il prato. Le sue mani e il vento mi convinsero che quella era la via da seguire. Lo salutai: triste, certo, ma le gambe erano allegre, inquiete, con una gran voglia di correre, saltellare sopra quel prato di primule e viole, di margherite e tarassachi. Avrei preso per la coda le rondini, ma anche a raggiungere il cielo quelle tagliavano a fette le nuvole: troppo scaltre per me. Troppo veloci.
La primavera cantava e sapeva di glicine. Ma arrivò la città. Case basse all’inizio, di lamiera e di mattoni con poco cemento. Il prato ora era fango, un pollaio, galline spennacchiate, cani arrabbiati, forse solo affamati, e bambini come me, più sporchi di me. Più tristi. Eppure gentili, perché quando mi bagnai calze e scarpe, finendo in una pozzanghera, mi consolarono e mi offrirono calze e scarpe, bucate e asciutte.
A loro chiesi la via. Risposero: “Sempre diritto. Non li vedi i palazzi, là in fondo? Non lo vedi che si mangiano tutto il panorama?”
Così la mia primavera annegò nel traffico e nell’asfalto, alberi feriti dalle lamiere delle auto, intossicati da piccoli camini di ferro.
Fu un vecchietto, sdentato e secco come un chiodo, aggrappato ad un bastone come un naufrago a una cassa di legno, a regalarmi la sua confidenza: “Se vuoi l’estate, ragazzo, corri oltre i muri e i semafori. Se no non la riconosci. Neppure la vedi. Non ritrovi il suo profumo di fior di sambuco. Qui il grigio ti confonde le idee.”
Venne la mia estate dopo l’ultimo ponte, quando osservai che il fiume torbido mutava colore, sgattaiolando fra i tronchi di un bosco di pioppi. Insieme alle nuvole, galleggiava nell’aria profumo di tiglio.
Lì la incontrai: bella come le lucciole che, insieme, cantando e ridendo e facendo moine, inseguimmo per tutta la notte. Ci riposammo, vicini vicini, tanto che all’alba non eravamo più solo noi due.
Salì il sole da oriente, già caldo. Gustammo di nuovo un frutto maturo, nuotammo nel lago, lasciammo che il sole bevesse sino all’ultimo le gocce addormentate sulla nostra pelle, persino quella che s’era nascosta, furba, nell’antro dell’ombelico. Solo allora prendemmo, in tre, la via verso l’autunno.
Io stavo nel mezzo, volevo sentire tutte le mani, quella sottile, unghie lunghe e curate, la bella mano di tua madre, e la tua, piccina, già pronta alla fuga ma subito ancorata a me, per paura.
Ma arrivò il giorno della mia prova, quando ogni padre rimpiange di essere padre. Quando tu, per seguire un animale del bosco, o forse ancor più per correre dietro alla tua voglia curiosa, ti perdesti fra i tronchi e le felci. Tu gridavi ‘Papà’, io urlavo il tuo nome ma eravamo troppo distanti e troppo impauriti. Fu tua madre a trovarti, quando la notte della prova s’era svegliata dentro un mattino senza luce. E arrivò la tua luce: dormivi su un prato, stanco e con gli occhi gonfi di incubi.
L’autunno dei monti ci insegnò nuovi colori, tutti i colori possibili. Ci coprimmo al primo freddo, ci stringemmo per riparo dal vento, mangiammo funghi e castagne e uva selvatica, aspra e dissetante. Solo allora, nel veloce tramonto d’autunno, ti confidai il segreto, capace di farti accettare l’inverno, il buio e la nostra partenza. Il segreto di una vita che non muore. La speranza di una morte che non vince.
Come si conviene, si staccò dal soffitto del cielo la prima neve. Fiocchi larghi e lenti e pesanti, poi minuti e veloci, soffiati da un vento sputato da una gola cattiva. Un urlo, contro di noi.
Gridava arrabbiata la tempesta mentre, con passi sofferti, a tastoni cercavamo un rifugio, assi di legno incastrati a casetta. Lo trovammo e fu una grande fortuna, perché la pesante coperta della notte ci avrebbe soffocati. Così passammo l’inverno: un po’ di polenta, patate e formaggio di capra, del vino. Per l’acqua ci bastava sciogliere al fuoco la neve.
Crescevi e volevi sapere. Protestavi e volevi scappare, ma era freddo oltre i vetri.
Lentamente la terra si bevve la neve e la trasformò in prato, erba verde smeraldo e primule e viole, dopo i bucaneve. Non attendemmo le rondini. Volevi partire, raspavi il terreno come un toro nervoso, eravamo il doppio di te, un padre e una madre, ma non ti bastavamo già più. Eppure quando il mio ultimo bacio scivolò sulla pelle della tua fronte e s’intrufolò fra i tuoi capelli, ti fermasti. Abbracciasti tua madre e poi mi guardasti, in attesa della mia ultima voce.
“Adesso vai pure” ti dissi, “perché è primavera.”


Con questo racconto per bambini-ragazzi ho partecipato al concorso letterario Pontemagico 2008, non arrivando nemmeno nei primi dieci (non dico primo), ma non mi sono certo arrabbiato. Anzi, dirò di più, forse parteciperò ancora, al Pontemagico 2012. Continuo a ritenere che sia un racconto discreto.

Semplicemente uomo


Dovrebbe essere la scelta di vita più naturale, e invece pare essere irraggiungibile: perché a fatica ci accontentiamo di essere semplicemente uomini. I banali gesti di umanità ci appaiono ovvi, quindi poco desiderabili, quindi evitabili. E' questo il principio della durezza di cuore, che regola il pulsare stentato del mondo.

martedì 27 dicembre 2011

IL RACCONTO DEL MERCOLEDì


Adesso vai pure

Quel suo ultimo bacio scivolò sulla pelle della mia fronte e s’intrufolò fra i capelli. “Adesso vai” disse mio padre. “E’ primavera.”
Mi spinse in là, verso il prato. Le sue mani e il vento mi convinsero che quella era la via da seguire. Lo salutai: triste, certo, ma le gambe erano allegre, inquiete, con una gran voglia di correre, saltellare sopra quel prato di primule e viole, di margherite e tarassachi. Avrei preso per la coda le rondini, ma anche a raggiungere il cielo quelle tagliavano a fette le nuvole: troppo scaltre per me. Troppo veloci.
La primavera cantava e sapeva di glicine. Ma arrivò la città. Case basse all’inizio, di lamiera e di mattoni con poco cemento. Il prato ora era fango, un pollaio, galline spennacchiate, cani arrabbiati, forse solo affamati, e bambini come me, più sporchi di me. Più tristi. Eppure gentili, perché quando mi bagnai calze e scarpe, finendo in una pozzanghera, mi consolarono e mi offrirono calze e scarpe, bucate e asciutte.
A loro chiesi la via. Risposero: “Sempre diritto. Non li vedi i palazzi, là in fondo? Non lo vedi che si mangiano tutto il panorama?”
Così la mia primavera annegò nel traffico e nell’asfalto, alberi feriti dalle lamiere delle auto, intossicati da piccoli camini di ferro.
Fu un vecchietto, sdentato e secco come un chiodo, aggrappato ad un bastone come un naufrago a una cassa di legno, a regalarmi la sua confidenza: “Se vuoi l’estate, ragazzo, corri oltre i muri e i semafori. Se no non la riconosci. Neppure la vedi. Non ritrovi il suo profumo di fior di sambuco. Qui il grigio ti confonde le idee.”
Venne la mia estate dopo l’ultimo ponte, quando osservai che il fiume torbido mutava colore, sgattaiolando fra i tronchi di un bosco di pioppi. Insieme alle nuvole, galleggiava nell’aria profumo di tiglio.
Lì la incontrai: bella come le lucciole che, insieme, cantando e ridendo e facendo moine, inseguimmo per tutta la notte. Ci riposammo, vicini vicini, tanto che all’alba non eravamo più solo noi due.
Salì il sole da oriente, già caldo. Gustammo di nuovo un frutto maturo, nuotammo nel lago, lasciammo che il sole bevesse sino all’ultimo le gocce addormentate sulla nostra pelle, persino quella che s’era nascosta, furba, nell’antro dell’ombelico. Solo allora prendemmo, in tre, la via verso l’autunno.
Io stavo nel mezzo, volevo sentire tutte le mani, quella sottile, unghie lunghe e curate, la bella mano di tua madre, e la tua, piccina, già pronta alla fuga ma subito ancorata a me, per paura.
Ma arrivò il giorno della mia prova, quando ogni padre rimpiange di essere padre. Quando tu, per seguire un animale del bosco, o forse ancor più per correre dietro alla tua voglia curiosa, ti perdesti fra i tronchi e le felci. Tu gridavi ‘Papà’, io urlavo il tuo nome ma eravamo troppo distanti e troppo impauriti. Fu tua madre a trovarti, quando la notte della prova s’era svegliata dentro un mattino senza luce. E arrivò la tua luce: dormivi su un prato, stanco e con gli occhi gonfi di incubi.
L’autunno dei monti ci insegnò nuovi colori, tutti i colori possibili. Ci coprimmo al primo freddo, ci stringemmo per riparo dal vento, mangiammo funghi e castagne e uva selvatica, aspra e dissetante. Solo allora, nel veloce tramonto d’autunno, ti confidai il segreto, capace di farti accettare l’inverno, il buio e la nostra partenza. Il segreto di una vita che non muore. La speranza di una morte che non vince.
Come si conviene, si staccò dal soffitto del cielo la prima neve. Fiocchi larghi e lenti e pesanti, poi minuti e veloci, soffiati da un vento sputato da una gola cattiva. Un urlo, contro di noi.
Gridava arrabbiata la tempesta mentre, con passi sofferti, a tastoni cercavamo un rifugio, assi di legno incastrati a casetta. Lo trovammo e fu una grande fortuna, perché la pesante coperta della notte ci avrebbe soffocati. Così passammo l’inverno: un po’ di polenta, patate e formaggio di capra, del vino. Per l’acqua ci bastava sciogliere al fuoco la neve.
Crescevi e volevi sapere. Protestavi e volevi scappare, ma era freddo oltre i vetri.
Lentamente la terra si bevve la neve e la trasformò in prato, erba verde smeraldo e primule e viole, dopo i bucaneve. Non attendemmo le rondini. Volevi partire, raspavi il terreno come un toro nervoso, eravamo il doppio di te, un padre e una madre, ma non ti bastavamo già più. Eppure quando il mio ultimo bacio scivolò sulla pelle della tua fronte e s’intrufolò fra i tuoi capelli, ti fermasti. Abbracciasti tua madre e poi mi guardasti, in attesa della mia ultima voce.
“Adesso vai pure” ti dissi, “perché è primavera.”


Con questo racconto per bambini-ragazzi ho partecipato al concorso letterario Pontemagico 2008, non arrivando nemmeno nei primi dieci (non dico primo), ma non mi sono certo arrabbiato. Anzi, dirò di più, forse parteciperò ancora, al Pontemagico 2012. Continuo a ritenere che sia un racconto discreto.

Mamma Teresina


Sono vicino a Carla, Achille e Virginio, per la morte di mamma Teresina. Ho conosciuto poco la signora Teresina, ma da quel poco che ho visto, e dai racconti che ho sentito, doveva essere una donna buona, paziente, capace di sopportare anche i guai di salute con grande coraggio. Sono vicino ai miei amici nella preghiera. Domani sera sarà recitato il rosario nella chiesa di Biumo Inferiore, giovedì i funerali.

Foto fortuna


C'è chi dice che io sia meglio come fotografo che come scrittore. Non lo credo, comunque questa mia immagine, scattata il giorno di Natale, al tramonto, mi pare una bella foto, soprattutto per le diverse tonalità dei rossi. Sì, mi pare una foto riuscita, ma molto è fortuna: non ho usato filtri particolari, la mia Nikon non è niente di che...ciò che conta è ESSERCI, al momento giusto, e scattare. ESSERCI con gli strumenti adatti, avere la pazienza di attendere il sole che scende, mettersi in piedi sopra un muretto e fare dei tentativi. ESSERCI, dopo aver portato il peso della macchina fotografica, che non va dimenticata mai. Perché certi treni passano, e se non ci sali sopra arrivi in ritardo. O non arrivi mai.

1978: un grande anno


Amo molto questa fotografia della mia famiglia d'origine, è il 25 luglio del 1978, 25° di nozze dei miei genitori Mario e Ines. Siamo a Santa Cristina, in Val Gardena, si noti alle nostre spalle il castello di Wolkenstein. Amo questa foto anche perché mi ricorda il 1978, un anno per me molto bello: ho appena finito l'Isef, basta coi libri, ho un amore (Carla), la prospettiva delle vacanze (dopo la Val Gardena andremo insieme al mare e poi a Roma, per l'incoronazione di Papa Giovanni Paolo Primo) e poi l'incognita del militare. Al mare infatti riceverò la cartolina rosa e partirò per Merano ai primi di settembre. 1978: ho 22 anni, molta molta vita davanti. Che dire, 33 anni dopo? La vita davanti non è molta ma la felicità permane, grazie a Dio.

lunedì 26 dicembre 2011

Zanzi's dinner


Tradizionale cena di Santo Stefano dei fratelli Zanzi, con papà Mario. Da sinistra (foto Caterina Zanzi): Carlo, Guido, Paolo, Marco, al centro il 'vecchietto', classe 1926. Il rito della foto Zanzi's si è compiuto: l'anno ora può concludersi.

Il mio primo fiore


Di per sé dovrebbe essere l'ultimo fiore della stagione, ma per me il calicantus è il primo. Il rametto che da oltre vent'anni raccolgo a Natale è il primo profumo della primavera, benché l'inverno sia appena iniziato. Ma il tempo della luce sta già aumentando, e la deliziosa fragranza del calicantus mi regala il calore della bella stagione. E' un fiore modesto, non intende apparire: è un fiore di sostanza, che gioca tutto sul profumo. E vince.

Un solo bisogno


In fondo, al di là di tante parole, discussioni, ipotesi, progetti, ansie, paure, esaltazioni...in fondo, a ben pensarci, a ben sentire, dall'alba al tramonto, e anche di notte, sempre e comunque, abbiamo un solo, grande bisogno: coccole!

Grande Stefano


Tantissimi auguri, caro Stefano (a destra, insieme al fratello Diodoro). Per te, oggi, doppia festa, che sa ancora un po' di Natale. Un abbraccio, caro Stefano, uomo dal cuore generoso.

domenica 25 dicembre 2011

A chi appartiene?


Sono le 16.45: la frazione luminosa del Natale è terminata. A chi appartiene il rosso arancio del tramonto? Al giorno che muore o alla notte che nasce?

Manca poco al tramonto


Mancano pochi minuti al tramonto. Il sole corre ormai veloce, in caduta libera, verso il Monviso (a sinistra nella foto)

La panchina del tramonto


Anche in questo Natale 2011 ho avuto la fortuna di poter salire, dopopranzo, alla panchina che io chiamo 'del tramonto', fra la settima e l'ottava Cappella. E' un rito che porto avanti da una ventina d'anni almeno, ma saranno anche di più. Da lì assisto al tramonto invernale. E oggi era una giornata super.

I commensali


Ecco i commensali del pranzo di Natale: manca giusto il sottoscritto, fotografo.

La nostra lunga tavolata


Ecco la nostra lunga tavolata natalizia. Fra un'oretta si riempirà di fame da soddisfare. In 55 anni non ho mai vissuto un pranzo natalizio (anche nel Natale del 1978, a militare, Malles Venosta, il solo che ho trascorso lontano dalla famiglia) in meno di sei a tavola, oggi saremo in tredici. Abbiamo anche sfiorato i venti commensali. E' bello così.

Carlo natalizio


Tanti auguri, caro Carlo. Buon Natale e buon natale (il tuo).

in foto: 2 gennaio 2010, Coppi Day, Carletto Maroni, eccelso pedalatore, è quello con la bottiglia dell'Elisis del ciclista.

Paolo Bambino


Tanti auguri, caro Paolo...nascere a Natale è una fortuna...e un impegno.

Gesù Bambino


Nel 1988 ho scritto questa semplice poesia, invidioso per la gioia che si legge negli occhi dei bimbi (in quel caso della mia prima bambina) di fronte alla magia dei regali di Gesù Bambino, di fronte alla possibilità concreta di Gesù Bambino. Che questa magia si rinnovi, per tutti coloro che amo.

Dov'è scappato il bel Gesù Bambino
dei nostri sogni, della notte insonne
sofferta nell'oscuro a immaginare,
pronta ad ogni fruscio, desta alla luce?

Dove abbiamo smarrito tanta attesa,
il credere ai miracoli di allora,
alle promesse magiche dei cari,
alle forme impossibili del buio?

E dov'è quel sorriso a viso pieno,
quell'abbracciare il sogno fatto gioco,
realtà svegliata agli entusiasmi nostri
fra tanta ingenue, semplice fiducia?

Anzitempo ci siam svegliati quella notte,
inetti all'ansia di sperata attesa.
Ringrazio il tuo miracolo, piccina.
Davvero ci crederai, giunta mattina.


in foto: il presepe di casa mia

sabato 24 dicembre 2011

Sei anni


Stamani sono andato alla Messa a Biumo Inferiore, per ricordare il giovane Fabio Aletti, figlio dei miei amici Emanuela e Attilio (foto), morto prematuramente sei anni fa, proprio la vigilia di Natale. Ho pregato perché sia tutto vero: non la sua morte, tragicamente reale, ma la sua vita eterna, la sua presenza misteriosa al di là delle cose.

Tempo di libagioni


Durante le feste si mangerà e si berrà con abbondanza, persino esagerando. Pensavo invece ad una recente inchiesta (letta non so su quale rivista specializzata) che descriveva l'importanza del bere, soprattutto per gli sportivi, mentre vi è l'abitudine di bere poco: una pessima abitudine. L'inchiesta, riferendosi agli sportivi, sottolineava come fra questi soprattutto i nuotatori scarseggino nel bere, forse proprio perché in acqua non si suda. Bisogna bere, anche se non si sente uno stimolo impellente. Superfluo ricordare che il nostro corpo è soprattutto un corpo 'liquido'.

L'albero 'farcito'


E' il tempo -ora, che mancano pochi attimi al Natale- durante il quale ai piedi degli alberi natalizi 'spuntano' i regali, che verranno spacchettati nella notte santa. Siamo in tempo di crisi, ma nella maggior parte delle famiglie non mancheranno i doni. Perché è troppo bello aprire un regalo! Abbiamo bisogno di sorprenderci: in positivo, naturalmente.

venerdì 23 dicembre 2011

I figli degli amici


Fra gli organizzatori del Presepe Vivente ci sono alcuni miei carissimi amici, e in costume alcuni loro figli.

Immagini dal Presepe


Immagini dal Presepe Vivente del 23 dicembre 2011

AVSI


Il Presepe Vivente è organizzato dall'AVSI, Associazione di Volontariato per lo Sviluppo Internazionale, che opera in tutto il mondo a fin di bene, sull'esempio di Cristo: amatevi come Io vi ho amato.

Profumi d'oriente


Profumi d'oriente al Presepe Vivente in piazzetta della Canonica

Quel 1 luglio del 1956


Mentre fotografavo il Presepe Vivente, mi sono trovato davanti, bruciato dal sole al tramonto, il bel San Giovanni, il battistero di San Vittore. E con commozione ho pensato al 1° luglio del 1956, quando proprio lì sono stato battezzato da don Ambrogio Cereda, poi docente anche allo Scientifico 'Ferraris'. Non era una bella giornata quel 1° luglio, pioveva...non so se ho pianto quando mi hanno lavato i capelli, so che oggi sono felice per quell'acqua benedetta.

Daniele in 150°


Ringrazio il mio amico Daniele Zanzi che, come ogni anno, mi fa arrivare per Natale il suo artistico biglietto d'auguri. Quest'anno Daniele, i suoi familiari e i suoi collaboratori della Fito Consult si sono messi in abiti da 150° dell'Unità d'Italia, e si sono fatti fotografare dal mio amico Carlo Meazza nel parco di Villa Ponti. Ogni anno Daniele mette panni diversi, colora il Natale con la sua creatività. Ricambio gli auguri con gioia.

Salvo imprevisti


Salvo imprevisti, questo pomeriggio (antivigilia di Natale), verso le 16 scenderò in centro città a fotografare il Presepe vivente (ecco un'immagine del 2008), che ogni anno gli amici di Comunione e Liberazione organizzano fra piazza San Vittore e la piazzetta della Canonica. Sacra rappresentazione, per ricordare che il Santo Natale è anzitutto Santo, cioè fa riferimento alla nascita di Gesù. E' un momento suggestivo, che richiede un notevole sforzo organizzativo, ma in questo i ciellini non sono gli ultimi arrivati.

giovedì 22 dicembre 2011

La risalita


Continua la risalita, lenta ma inesorabile, come il latte quando sale verso il colmo del bricco.

Solstizio d'inverno


Oggi è il solstizio d'inverno, cioè il dì più corto dell'anno. Da domani il tempo della luce aumenterà, poco poco ma aumenterà, succhiandosi il buio e le paure.

Buon Natale


Auguro a tutti i miei lettori, a tutti i miei amici un sereno Natale nel Signore che viene. E lo faccio utilizzando l'immagine del presepe Vidoletti, realizzato dagli alunni diversamente abili. Ogni festa, ogni momento forte, ogni ricorrenza può essere solo un rito che si rinnova stancamente, oppure occasione di cambiamento in meglio. Auguro a me e a tutti voi la seconda versione dei fatti.

Vidoletti sempre in festa


Tutto si può dire, meno che alla Vidoletti (la mia scuola)non abbondino momenti di festa, spazi conviviali che contribuiscono a creare il clima giusto, premessa di un buon lavoro coi ragazzi. Ecco infatti un altro momento conviviale, oggi, saluto prima delle feste di Natale. Un grazie alla dirigenza e alla commissione Feste e Festini, che puntalmente mettono carne al fuoco, stappano bottiglie e invitano all'allegria!

mercoledì 21 dicembre 2011

Coro Val TInella


Domani sera, giovedì 22 dicembre, ore 21, chiesa parrocchiale di Velate, si esibirà il coro Val Tinella. Canta anche il mio carissimo amico Paolo. Una bella occasione per cantare al Natale Ingresso libero.