mercoledì 8 giugno 2011

Luce offuscata

Stiamo vivendo i giorni 'più lunghi dell'anno', cioè quelli con la netta predominanza della luce sulle tenebre. E in tali giornate (sino al 21 giugno) uno desidererebbe un cielo come quello della foto (dove si nota la chiesa romanica di Portonovo, sul Conero). E invece mi tocca annotare che da molti anni, nella mia amata Varese, proprio la prima quindicina di giugno è caratterizzata da meteo nuvoloso, che offusca la sovrabbondanza di luce e immalinconisce. Ora, che alle 21.30 sarebbe ancora chiaro, la fastidiosa nuvolaglia ci manda a letto prima. E invece no! Piuttosto usciamo con l'ombrello ma godiamoci la luce. Non diamola vinta alla pioggia.

Premi Vidoletti

Domani, giovedì 9 giugno, alle ore 12 nella palestra della Vidoletti verranno assegnati i tradizionali Premi Vidoletti. Lo scorso anno, in tale occasione, i docenti della Vidoletti si esibirono in un divertente coro polifonico. Spettacolo irripetibile!

In festa con Andrea

Torna il Memorial Andrea Lazzati, cioè lo spazio che la media Vidoletti riserva annualmente al suo ex alunno Andrea Lazzati, grande sportivo, specialista degli ostacoli, morto prematuramente. Venerdì 10 giugno, ore 9.30, nella palestra della scuola in via Manin verrà ricordato Andrea, verranno premiati i migliori 20 ostacolisti della scuola e poi...grande partita di basket con i campioni regionali e un team di ex alunni. Ingresso libero. Porte aperte, alla memoria di Andrea.

IL RACCONTO DEL MERCOLEDI'

LA RESA DEL CONTO

Erano giunti infine alla resa del conto. E che avessero mangiato alla stragrande era fuori discussione. Una cena iniziata giorni prima, con la proposta di lui, un primo rifiuto di lei, e poi una controproposta e il suo primo cedimento (“Magari, ma sono libera solo il giovedì”) e l’attesa e infine l’accordo (bene per giovedì sera, ma perché solo il giovedì? E lei era stata vaga) e la preparazione e l’appuntamento. Finalmente.

Un ristorante di nicchia, specialità pesce (perché a lei piaceva il pesce, altra stranezza per una donna, aveva pensato lui), un giovedì di pioggia moderata, che aveva costretto lei a scegliere un abito che non era il suo preferito, così le scarpe e la paura di bagnarsi l’acconciatura.

Una cena che era stata tutto un rimbalzare di occhiate e parole, un dire pensando ad altro, un ascoltare facendo poco caso al contenuto e più attenzione alla forma assunta dagli occhi e dalle labbra dell’altro. Un batti e ribatti di interpretazioni, di allusioni, di ami lanciati, di ammiccamenti. Più lui proponeva e ordinava, più lei rifletteva che avrebbe, poi, dovuto mettere in campo più coraggio e irriconoscenza. Del resto se lei accettava lui si sentiva in diritto di continuare, alimentando la speranza nell’esito finale, nella buona resa di un conto che si faceva, di minuto in minuto, più saporito.

“Ti va questo?”

“E perché no?” rispondeva lei. Che oltretutto non rinunciava al vino, dando con l’andare del tempo l’impressione di rallegrarsi.

“Caspita, ma ti piace proprio il pesce!” aveva detto lui, ordinando una nuova porzione di orata alla Croata.

“Potrei farci un’indigestione” aveva risposto lei, con un sorriso un po’ alticcio.

E altro pesce e la verdura, la frutta, il dessert, caffè, ammazzacaffè, parole, risate e lunghi silenzi. Animati, più che dal disagio, da progetti e prospettive, da aspettative e contromosse. E se uno preparava l’attacco, l’altra, temendolo e dovendo riconoscere che lui avrebbe avuto qualche buona ragione, qualche pur discutibile diritto, si attrezzava per la difesa, per la fuga. Ma non era così semplice, perché qualche senso di colpa avrebbe dovuto gestirlo, e poi non era malaccio, troppo sfrontato, un po’ cafone ma carino, ricco, probabilmente benestante, a giudicare non solo dalle proporzioni di quella cena, ma anche dalla scelta del luogo, dall’auto che li aveva condotti lì, dai discorsi fatti nel prepartita. Ma le stava succedendo una cosa strana: con l’incalzare delle portate, con l’aumentare del badget finale, si sentiva sempre più puttana. E questo non le piaceva affatto. Quindi non avrebbe avuto altra scelta.

E lui? Dubbi ne teneva in serbo, quella ragazza (una gran pezzo di ragazza) non esplicitava un granché, certe occhiate erano benevole, altre addirittura cattive. Come fidarsi? Cosa prevedere? Certo che sarebbe stata una gran bella fregatura. E allora preferiva non pensarci, anche perché il pensiero di un esito a suo favore gli dava ansia, facendogli passare la poca fame che aveva. Che poi non amava il pesce ma l’aveva ordinato lo stesso, per assecondarla. Per farle intendere che avevano passioni comuni.

Se avessero fatto a metà –pensò lei- quanto si sarebbe sentita più leggera, libera, indipendente.

E il conto –benché ordinato da un po’- tardava a raggiungerli, dormiente sul piattino.

Erano probabilmente agli sguardi finali. Perché lui, di lì a poco, le avrebbe chiesto gentilmente di seguirlo nel suo appartamento da single, non si sarebbe accontentato del bacio della buonanotte, un silenzioso schioccare di labbra in auto, un carnale arrivederci che lui non avrebbe certo digerito. Anche perché lei ne era certa: quella era una storia senza storia. Una botta e via. Una cena, una notte, qualche cena, qualche altra notte e stop.

Arrivò infine il cameriere, con il conto. Ma non teneva in mano nulla, non il piattino, non un foglietto, niente di niente.

“Ho una buona notizia per voi” disse ai due.

“Cioè?” disse lui, mentre lei sorrideva, felice per quel fuori programma. Felice e ansiosa di sapere.

“Il proprietario ha scelto voi. Meglio, ha scelto la signora, o forse signorina.”

“Signorina, signorina” specificò lei.

“Il mio padrone è fatto così. Pensavo sapeste delle abitudini del nostro locale.”

“Cioè?” ripeté lui, con scarsa originalità.

“Non tutte le sere, può passare anche un mese, ma quando è in buona, il principale decide di regalare una cena per due, a una coppia. Uomo e donna.” precisò. “Dipende dalla bellezza della donna. E lei, se mi permette, è davvero molto bella. Non sempre ho condiviso le scelte del padrone, ma stasera avrei fatto lo stesso. Il proprietario si scusa, ma preferisce non comparire mai. Lascia a me il compito di ambasciatore.”

Sovrapponendosi al loro stupore, concluse: “Ancora buona notte. Ma mi corre l’obbligo di dirvi che il premio è per una cena soltanto. Non è ripetibile.”

Poi si avvicinò alla signorina e la aiutò a scostare la sedia dal tavolo. Infine il baciamano, in verità piuttosto grottesco, poco consono a un cameriere, che specificò: “Da parte del mio padrone.”

Uscirono.

Il conto non conto aveva reso un ottimo servizio a lei, libera di poter pronunciare tutti i no del mondo. Lui avrebbe anche pagato ma forse, a conti fatti, era meglio così.