mercoledì 29 agosto 2012

Al chiaro di luna

Io vi dò un consiglio, poi naturalmente fate come volete: anziché accomodarvi pigramente (ma anche con comoda soddisfazione) sul divano la sera, davanti alla tele, una volta al mese prendete, andate in auto alla Prima Cappella e fatevi la Via Sacra al buio. Se non c'è la luna portate una pila, ma se c'è la luna è uno spettacolo. Ieri sera me lo sono goduto, dalle 21.30 alle 22.30. E con me altri varesini, che evidentemente sapevano. Una luna non piena ma pienamente illuminante la rizzàda, un chiarore magico e silenzioso, qualche verso d'animale. Poi, in alto, le luci della piana, e più le luci s'allontanavano da Varese più pulsavano, come minuscole mani che mi salutavano. Chiaro di luna: forse bisognerebbe dire chiaro di sole, perché senza il sole la luna farebbe poco. Però senza la luna il sole non resisterebbe, in veglia, anche la notte. Luna e sole, femmina e maschio: insieme.

Il racconto del mercoledì



NON SONO AFFARI VOSTRI

Una locanda per camionisti che si regge in piedi, stanca, dentro un accecante pomeriggio estivo, in una località non meglio precisata del nordest italiano, pianura padana, moscerini, zanzare e struggente apatia pomeridiana.
Non è più ora di pranzo, i camionisti hanno mangiato, qualcuno ha ruttato, bevuto, pisciato: quasi tutti hanno ripreso la loro strada. Ne restano solo due ancora al tavolo, mentre la ragazza scopa per terra, dopo aver liberato i tavoli dagli avanzi di cibo e dalla cenere di sigarette che non hanno centrato il contenitore. La ragazza avrà una ventina d’anni, è di una bellezza pura, inadatta a quel locale, stona, pare una modella che per vezzo ha lasciato la passerella, è stata caricata sopra un’auto di lusso e fatta scendere lì, in mezzo alla prateria, con la seguente raccomandazione: “Allora, vuoi fare questa pazzia? E sia…ma riguardati…e attenta a quelle merde di camionisti…’ In realtà la ragazza, che si chiama Mara, ha tutta un’altra storia, che non vi racconto perché ora entra nella locanda-bar un ragazzino che va subito da Mara, perché la bellezza è una calamita e lui un cercatore di gioia che si lascia attrarre verso quella meta sognata.
“Cosa posso darti? “ dice Mara al ragazzo, ad occhio dieci anni, non di più
“Quante caramelle mi dai con dieci lire?”
E lei: “Tu quante ne vuoi?”
Il ragazzo fa i conti, la conta è sottovoce ma Mara capisce che nella conta ci sta anche una ragazzina: “Cinque.”
“Sei fortunato” dice Mara. “Con dieci lire te ne compri cinque, anzi, sei, perché una te la regalo.”
Il ragazzino è come Cristoforo Colombo quando mise piede sulla terra benedetta. “Grazie” dice, e allunga la moneta leggera e argentata. Insieme vanno al banco, lui sceglie le sei caramelle, se ne va correndo, si tuffa nella luce, respira afa, zanzare e il volto di lei, le sue piccole mani che scartano il regalo.
I due camionisti hanno l’occhio addormentato, il ventre gonfio e voglia di dimenticarsi della vita, ma in quello stato di trance alcolica hanno seguito la scena. Quando Mara si avvicina con la ramazza al loro tavolo, il più brutto (ma più intraprendente) dei due le dice: “Guarda che quelle caramelle costano dieci lire l’una.”
Mara sorride: “Non sono affari vostri” e aggiunge “Tirate su le gambe, fatemi scopare qui sotto” e loro obbediscono, ma gli addominali sono un ricordo di gioventù e i piedi penzolano tremanti a pochi centimetri dal pavimento.
Poi anche i due sono costretti da impegni esistenziali a risalire sul loro mezzo, lamiere che scottano dentro il forno di un’estate di provincia.
“Ciao, Mara, qui ci sono i soldi del pranzo… solito, giusto?”
“Solito, solito” fa la ragazza, che si avvicina al tavolo, conta, blocca con parole sorprese i due, ormai sulla porta.
“Ei, un attimo..il resto.”
“Resto?” fa il meno brutto dei due.
“Sì, nemmeno contare sapete più, mi avete lasciato cento lire di troppo. Un attimo…”
“Tieni pure.”
“E perché?”
“Non sono affari tuoi.”
Si apre la porta: entrano polvere, un tafano, due vespe e un raggio di arcobaleno.
 


Il presente racconto breve è  ispirato alla canzone ‘Here comes that rainbow again’ di Kris Kristofferson 

Intorno ai 60

Interessante dibattito sul Corriere della Sera, innescato da un articolo di Paolo Conti, 58 anni, che dice: "Intorno ai 60 anni innamorarsi rischia il ridicolo." Ma il dibattito è più ampio: come vivere i cambiamenti che si verificano a quell'età? Fingere che non passa il tempo e rinverdire una giovinezza perenne (ciò che invita a fare la mentalità corrente) oppure adeguarsi all'età, accettarla? Pare che molti abbiano risposto a Conti, e i più sostengono la tesi dell'eterna giovinezza. Un 58enne, oggi, è come un trentenne di 50 anni fa, sostiene un personaggio noto.
Per me innamorarsi è una disposizione del cuore. Più si vive scacciando il narcisismo, più si prepara il terreno per l'innamoramento.  Quindi, teoricamente, se la vita è una vittoria contro il narcisismo e un'apertura agli altri, i sessantenni sarebbero bendisposti ad innamorarsi. Ma io credo che ogni età vada vissuta per quello che è, accettandone gli aspetti negativi, valorizzando quelli positivi. Inutile imbellettarsi e nascondere, c'è un tempo per avere trent'anni, e un altro per averne sessanta.

in foto: Richard Gere, sessant'anni ben portati 

Al prossimo film

Buon compleanno, cara Paola. Al prossimo film!