mercoledì 5 dicembre 2012

Vicolo Canonichetta 10


Dieci

Entrando in casa, Matilde fu schiaffeggiata da Eccoti di Max Pezzali, mandata a volume esagerato. Trovò Giulio sdraiato sul divano in sala.
“Dormi?”
“Ti aspettavo” e la voce balbettava.
“Avevo pensato alle uova all’occhio di bue.”
“Bene.”
“La tavola?”
“Arrivo.” Per lui le uova, l’anatra all’arancio, una Saint Honorè o un tozzo di pane raffermo erano la stessa minestra. Provava solo nausea. Per tutto.
Matilde aprì il frigo. “Ci sono polpette.”
“Va bene” e s’alzò. Entrò in cucina.
“Come mai avete rinviato?”
“Non si fa più nulla.”
“E perché sei stato zitto?”
“Mi sono alzato all’ultimo...scusa.” Disse solo scusa ma avrebbe voluto buttare via il piatto con le polpette, prenderla in braccio e parlare. Ma disse solo ‘scusa’ e poi fu un gran silenzio, e lui che cercava di mandar giù le polpette e beveva ma non provava gusto e poi due pomodori e un’albicocca.
“Caffè?”
“No, grazie.”
“Niente?”
“Non mi va.”
“Che t’ha preso?”
“Una volta che non lo bevo.”
“Non succede mai.”
Poi Matilde s’alzò e lavò i piatti.
Giulio sarebbe forse tornato in sala, per rintronarsi con le sue canzoni. Ma aveva paura a rimanere da solo. Così aiutò a sparecchiare, poi si sedette, sfogliò il quotidiano, buttò lì qualche parola, ottenne risposte evasive. E quando arrivarono le tredici e quarantacinque, si preparò per fingere di tornare al lavoro.
“Oggi hai scuola?”
“No, è giovedì.”
“Che fai?”
“Vedremo.” Alzò le spalle come per dire ‘non so’, quando invece lo sapeva benissimo.

                                                                                            10-continua