mercoledì 30 novembre 2011

Sono vicino a Giancarlo

Sono vicino all'amico Giancarlo (qui alla Brinziobianca 2010). Ho appena saputo che è morto suo papà. Un abbraccio.

Col mio vecchietto

Ho trascorso il pomeriggio nelle nebbie di Rozzano (foto), all'Humanitas, dove ho accompagnato il mio vecchietto (papà Mario) per la visita prericovero. Dovrà essere operato all'anca fra un paio di mesi più o meno. Tantissima gente su carrozzine, con stampelle.....come sempre, l'incontro con la sofferenza è molto salutare per chi, come me, gode per ora di buona salute.

IL RACCONTO DEL MERCOLEDI'

novembre

Si giunge ad un’età nella quale, guardandosi indietro o buttando gli occhi in avanti, viene da dire: “Tutto qui?” E vi è un mese votato a dare sostanza a tale domanda: novembre. Un mese che non ha il Natale di dicembre, non è estate, non è primavera, già, è autunno, ma un autunno che, dalle nostre parti, sa di pioggia, di nebbia, di primo freddo che punge. Il “Tutto qui?” vale per ogni mese e stagione, ma calza meglio su novembre. Anche se l’imprevedibilità –nota costante dell’esistere- non risparmia l’undicesimo mese dell’anno. Così l’altro ieri pioveva e pioveva e pioveva, sberle di goccioloni contro le larghe foglie dei platani, schiaffi sull’asfalto, umido e freddo; ieri la nebbia, la poltiglia delle foglie cadute, colori che s’annacquavano sul fondo viscido, e oggi sole, caldo, vento leggero che stacca e regala piroette alle foglie ancora abbracciate ai rami, la luce che attizza la natura non più fradicia, stordita dalla pioggia, risvegliata da un anticipo di primavera. Per fortuna ci sono le stagioni, a dirci che la monotonia è un’invenzione degli uomini.

E il sole di oggi mi ha buttato fuori casa. Ora sto scendendo di buona lena, dopo aver scalato gagliardamente la rizzàda che mena alla Madonna del Monte. Non ho fede. Meglio, non ho certezza di fede, cristiano senza chiesa (direbbe Silone), però quella via di sassi e di cappelle la percorro spesso, non solo perché vietata alle auto.

Ho passato, in caduta libera verso Varese, l’edicola di Oronco con la Madonna del Valtorta, poi la chiesetta di Fogliaro, e ancora la rossa facciata della chiesa (falso romanica) di Sant’Ambrogio. Voglio arrivare in centro, dove abito, senza prendere l’autobus. Voglio esagerare. Una sfacchinata, per dire che il “Tutto qui?” forse è solo probabile. Gustare tutta la luce possibile, anche perché, con l’ora solare, è già buio a metà pomeriggio.

Ora sono nella piazzetta del rione pedemontano, che so dedicata al Milite Ignoto.

Ho una debolezza per gli ignoti soldati, per tutti i militi che sono morti in guerra. Ho il più grande rispetto per quel sacrificio, spesso non voluto, imposto, reso possibile dall’unità di intenti, dalle stesse canzoni, dallo stesso minestrone nella gavetta. Provo disgusto verso chi deride (oggi, pancia piena e ideali vuoti) certe morti in battaglia, affrontate solo perché un ducetto voleva sedersi al tavolo della pace, con mani insanguinate del sangue altrui, purché fosse di italiani, cadaveri da barattare per terra e potere. Ho compassione perché temo che avrei fatto lo stesso, che avrei detto sì, che non avrei capito sino in fondo, che avrei seguito la massa sin dentro l’enorme fossa comune che furono le due guerre mondiali. Ed è questa laica venerazione verso i troppi militi morti che mi blocca il cammino. Per questa ragione, ma anche perché vedo, ai piedi del monumento, una piccola folla. M’accosto, senza entrare nel gruppetto. Noto subito un prete. Non che ce l’abbia coi preti, per carità. Un tempo ero implacabile: mestieranti. Poi mangi pane e debolezza, sale e caducità, quindi capisci, giustifichi, solidarizzi. Questo mi pare un prete canonico, un prete con la faccia da prete, nato per fare il prete. Niente di interessante, dunque. Poche parole e passa il microfono da campo ad un tipo allampanato, anziano ma dritto di schiena; anche qui, non lunghi discorsi, voce un po’ impastata e (capisco che è il politico locale) deposizione di un vaso di crisantemi alla base del monumento.

Ho già notato, facendo con gli occhi la conta dei presenti, un signore elegante, ottant’anni tutti, soprabito di buona fattura e cappello da alpino, con i fregi da ufficiale. Nella successione degli interventi, tocca a lui. Gesti misurati, modi solenni, intuisco che porta dentro il mio stesso rispetto per i caduti, con l’aggiunta che lui ha visto, c’era, avrà perso amici, conoscenti, parenti. Legge un brano, da un libro (mi sfugge il titolo) di Victor Hugo.

Il vento leggero e tiepido scolla le foglie degli ippocastani, che danzano lievi toccando con rassegnazione i sassolini del selciato. Nella piazza e lungo la via Virgilio auto, gente che passa e urla, che canta e chiacchiera. Intorno al monumento un’isola di silenzio, e le parole scandite con enfasi dal vecchio ufficiale degli alpini. Che mi è simpatico, perché è fuori dal tempo ma è uno che ci ha creduto, e ci crede. Saldo ancora sulle gambe, nonostante l’età.

La modesta commemorazione mi regala la voglia di pregare.

Non è finita. Tocca poi ad un ometto originale, senza capelli, naso importante. E’ il solo che conoscerò per nome –o per soprannome- perché più d’uno lo invoglia: “Dai, Pasqualino…Sì, sì, la poesia…vai…”

Parla sciolto, con voce preparata. Senza allungare il brodo, fa capire che leggerà due poesie, in dialetto milanese, di un certo Carletto Pierotti, a suo dire un ottimo poeta; liriche che, precisa, saranno intonate alla circostanza. Il dialetto mi blocca ancora in quella piazzetta, in piedi, fra gente che non conosco. Il dialetto è la voce della mia infanzia; di più, è lo strumento che più mi approssima a mio padre e mia madre, morti non in guerra, ma sempre prima di quanto mi sarei aspettato; benché fare previsioni sulla morte sia segno di profonda incompetenza.

“La prima si intitola ‘I fior del lager’” dice il signor Pasqualino, e attacca: “In del campett dedree a l’infermeria,/sora la sabbia crèss l’erba gramegna,/la ven su a scepp, anca se gh’è l’ombria,/anca se gh’è nissun che la mantegna./”

Pasqualino prende fiato, segno che è finita la prima quartina. Riesco a distinguere le differenza fra il vernacolo milanese e quello che parlavano i miei. La cosa non mi disturba. E l’ometto prosegue: “I campaninn selvadegh se spanteghen/come on ricamm faa da ona man pietosa,/rampeghen sora i legn, poeu se dondinen/al gioeugh del vent, compagn d’on vell de sposa.” Altra paura. Colpi di tosse, voci lontane. Anche il traffico pare voler offrire un po’ di rispetto ai defunti. “Gh’hann minga de profumm. El so color/l’è smont istess de chi riposa sotta:/ghe fann capì ch’hinn minga deperlor,/anca se sora i cros gh’è scritt nagotta./ Hinn fior miss dal Signor cont el so amor./El nòmm el cunta niente: Lù je cognoss./Hinn fior senza profumm, senza color,/sbiavii de foeura…ma i radis hinn ross!”

Il lettore calca la voce sulla chiusura. Qualcuno accenna un applauso. Altri dicono “Bella!” e trovano, da parte mia, piena condivisione.

Non vi descriverò, riportandola per intero, la seconda poesie di Pierotti, sempre di buona fattura (per quanto possa capirne io di poesia). Dirò in sintesi che è la storia commovente di un padre che ogni giorno, di sera, va alla stazione e si ubriaca, in attesa del figlio che, caduto al fronte, non può più tornare da lui. Ma lui non ci crede. Non può crederci. Perché –questo lo dico io, non il Pierotti- nessuno può credere possibile la morte di un figlio. Nessuno può credere che si possa sopravvivere ad un tale lutto. Eppure i figli muoiono anche prima dei padri, e non tutti i padri muoiono a motivo di tanta sofferenza.

Dirò solo, per chiudere, che il mio volo verso il centro, favorito dalla discesa, è stato comunque molto leggero, sospinto dal vento e dal bisogno di pregare, dentro mulinare di foglie e arcobaleni di luce, nella novità e nella gioia, nella gioia frutto della novità. Pressappoco il contrario di quel “Tutto qui?”, da dove eravamo partiti.

martedì 29 novembre 2011

Con tatto

Cosa succede da sempre? I ragazzi vanno magari molto bene a scuola alle elementari, poi continuano in prima media, in seconda danno segni di cedimento e in terza il loro rendimento cala notevolmente. Perché mai? Nove volte su dieci è perché stanno correndo verso la stagione dei primi amori. Sono semplicemente innamorati. Tutto lì. Gli adulti che tali giovani sono chiamati ad 'educare' (termine molto impegnativo) devono giustamente richiamarli all'ordine ma con cura, con molto tatto: potrebbero far trasparire troppo la loro invidia!

(foto Magonara)

Sergio fra le nuvole

Sabato 3 dicembre 2011, ore 18.30, presso lo Spazio Lavit di via Uberti 42, verrà presentata la nuova raccolta di racconti del mio amico Sergio Di Siero (foto, a destra). Titolo 'Come le nuvole'. Interverranno il critico letterario Andrea Giacometti, Daniela Zanelli e Fabio Sioli, che proporrà un momento musicale. Sergio pubblica libri a raffica. "Ho iniziato tardi a scrivere" dice "devo recuperare." Il timore di non fare in tempo a dire tutto ciò che si vorrebbe comunicare è un ottimo carburante, per far correre l'auto della narrativa.

Spazio 1+1

Nuova interessante iniziativa allo Spazio 1+1 di Via Carrobbio 11 (cortile interno). Sabato 3 dicembre 2011, ore 18, verrà inaugurata una Mostra fotografica di Carlo Meazza, verrà presentato il suo Calendario 2012 (vedi foto) e il libro 'Lombardia, patrimonio dell'umanità. I luoghi dell'Unesco' edito dalla Jaka Book. Interverranno, oltre al noto fotografo, il sindaco Attilio Fontana, il giornalista Cesare Chiericati e Gianni Spartà, per la Fondazione Il Circolo della Bontà. Parte del ricavato delle vendite dei Calendari e delle foto Meazza andranno a questa Fondazione. La mostra resterà aperta dal 4 dicembre al 10 gennaio.

Una nuova casa

La mia amica Ambrogina Zanzi (presidente dell'Associazione Amici del Sacro Monte) mi fa sapere che sabato 3 dicembre, alle ore 15, verrà inaugurata la nuova sede dell'Associazione, in piazzale Pogliaghi. Allieterà il momento il Corpo Musicale di Mornago.

La doppia data

Oggi, 29 novembre, è l'anniversario di battesimo di mia figlia Maddalena. Auguri. Per le nostre tre figlie abbiamo scelto di incidere sulla medaglietta d'oro che tenevano al collo il giorno del battesimo due date, quella di nascita e quella di 'nascita' alla vita spirituale, grazie al battesimo. Quando erano piccole, il giorno dell'anniversario di battesimo andavano a prendere la catenina con la medaglietta e la tenevano al collo tutta la giornata.
La mia fede è dubbiosa, nebbiosa. Certe date, certe ricorrenze permettono di fare memoria di eventi decisivi, che solo la fede illumina, rende possibili.
Forse oggi Maddalena, senza farsi vedere, andrà a prendere la catenina e se la metterà al collo.

lunedì 28 novembre 2011

Speranze olimpiche

Osservando questo bel portachiavi che anticipa le olimpiadi di London 2012, ho ripensato alle mie speranze olimpiche. Dunque, ho cominciato a seguire le olimpiadi alle tele con Tokyo 1964, e da allora non le ho più abbandonate. Soprattutto quando ero giovane seguivo ogni virgola di ogni gara. Una grande passione. Poi ho iniziato a pensare a quale olimpiade avrei partecipato io, speranza della ginnastica artistica nazionale. Avevo collocato una mia probabile chiamata in maglia azzurra a Mosca 1980, o tutt'al più a Los Angeles 1984, due olimpiadi segnate dal boicottaggio, e nel 'boicottaggio' sono rimasto coinvolto anch'io. Mi hanno lasciato a casa! Svaniti i miei sogni di gloria olimpica, ora sono qui che aspetto Londra. L'anno olimpico è per me un anno speciale.

Emozionato ed emozionante

Quando si è emozionati si è emozionanti. Ogni tanto capitano giorni così. E' un tempo che scorre veloce e leggero come colorate foglie d'autunno, che se ne vanno cantando.

domenica 27 novembre 2011

Brunch

27.11.2011: brunch

Anche Crema

27.11.2011: anche Crema ha il suo bel monumento a Giuseppe Garibaldi.

Un ponte d'acqua

27.11.2011 Crema. Miracolo di ingegneria: il canale Vacchelli (a destra) passa come un ponte sopra il fiume Serio (a sinistra)

Nebbia sul canale

27.11.2011 Crema: nebbia sul canale Vacchelli

Le tre sorelle

Maddalena, Caterina, Valentina

L'arte di conservare

La felicità è dono raro e prezioso. Rinfresca come acqua di fonte. Con gli anni si apprende l'arte della conservazione della felicità. Sapendo che arriva di rado e parte quasi subito, ci si ingegna per trattenerla il più a lungo possibile. Come? Ognuno ha il suo metodo. L'importante è che l'eco della felicità non si disperda subito, ma vibri in noi con moto continuo.

Un dolce viaggio

Uscita domenicale a Crema. Confido in un dolce viaggio. Nebbia permettendo.

Poeta bosino

Sull’esempio di Natale Gorini

Come d’abitudine ho incrociato in via Vico Natale Gorini, sommo vate del nostro dialetto, Re Bosino da molti anni, nonché mio amico e vicino di casa. E’ fra le poche persone con le quali scambio battute in vernacolo. ‘Ciao Natale’, alura’ gli ho detto ‘l’è prunta la puesia?’ E lui, di rimando: ‘Tell sètt che rivi sèmpar a l’ultim!’ Per poesia intendevo quella partecipante al Concorso Poeta Bosino 2011, che Natale ha vinto più e più volte. Il Gorini arriva sempre in ultimo a consegnare il plico, e per ultimo si intendono le ore 19 del 17 dicembre 2011: entro quella data bisognerà portare presso la Libreria Antiquaria Canesi di piazza Giovine Italia 3 le poesie in dialetto, massimo due. Anch’io le consegnerò allo scadere del tempo, come sempre, sperando nel colpo di creatività degli ultimi attimi. Due cose: invito i varesini amanti del dialetto a partecipare a questo ambito riconoscimento per poeti in dialetto. Parlo soprattutto ai miei coetanei, 50-60enni che forse non parlano il dialetto ma lo conoscono e possono metterlo in poesia. Seconda cosa: vi invito a visitare il sito della Famiglia Bosina (www.famigliabosina.it) per conoscere le precise modalità di partecipazione. Infine un ricordo personale, la grandissima emozione che provai nel gennaio del 1995, quando vinsi a sorpresa (e in giovane età) il Poeta Bosino 1994, ricevendo la statuetta d’argento del Pin Girometta dalle mani dell’allora sindaco Raimondo Fassa, del compianto Clemente Maggiora, del caro Sandro Branduardi (che qui saluto), dal regiù Augusto Caravati. Era la mia seconda partecipazione al premio, vinsi con la poesia ‘Rusàri d’un vècc’. Avevo 39 anni, qualcuno si stupì che un ‘giovane’ potesse esternare in rima simili vissuti.

La Provincia di Varese domenica 27 novembre 2011


*con il Pensieri & Parole di oggi, festeggio un anno esatto di collaborazione con il quotidiano 'La Provincia di Varese'.

sabato 26 novembre 2011

Sì, ma che sofferenza!

Che sofferenza! Ogni volta punto a punto sino alla fine, e stasera è andata bene: Cimberio-Venezia 73-67. Si è visto finalmente un ottimo Justin Hurtt, molto bene Rannikko, ma Venezia è sempre riuscita a rimontare (complimenti a Young!). Poi un fallo inesistente fischiato a Teemu, Recalcati si imbestialisce, perde le staffe, tecnico a lui in un momento bruciante. Venezia passa in vantaggio, e mancano 4 minuti. A due minuti siamo ancora lì, appaiati, poi Stipcevic indovina una tripla da distanza siderale, non sbaglia liberi pesanti come il duomo di Milano, e la partita è vinta. Primi in classifica, almeno per qualche ora. Ai tempi della grande Ignis, a Masnago erano tre le partite in un anno che facevano palpitare: Milano, Cantù e Bologna. Qui si palpita sempre!

Auguri, Fabio

Tanti auguri, caro Fabio.

Ciao, Giancarla

Sono stato ai funerali di Giancarla, la mamma della mia amica (nonché testimone di nozze) Raffaella. Tanta gente nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo in Biumo Inferiore, la mia chiesa per anni. Il curato, don Pino Tagliaferri, con la sua voce solenne, le sue parole soppesate come oro sulla bilancia, distanziate da lunghe pause di silenzio, ha ricordato la capacità di donare della signora Giancarla, una donna capace di vivere molte delle beatitudini evangeliche. Io di Giancarla ricordo soprattutto il suo aspetto giovanile, dimostrava dieci anni meno dell'età reale, questo sin quando è arrivata la sofferenza. Che non guarda in faccia a nessuno. Che è nostra acerrima nemica.

venerdì 25 novembre 2011

Grande Raffaele

Leggo oggi su Varesenews che il mio amico e coscritto Raffaele Novario (foto da Google immagini) è stato nominato nuovo primario del reparto di fisica sanitaria del Multizonale. Toccherà a lui gestire la radiologia, la radioterapia, l'informatizzazione delle immagini, nonché la formazione universitaria. Inutile aggiungere che è un incarico di grande prestigio e di oneroso impegno. Con Raffaele siamo stati insieme in oratorio, poi l'ho perso di vista e l'ho ritrovato anni fa come genitore di due miei alunni. Uomo di poche parole e di molti fatti, discreto sciatore di fondo, pacato e costruttivo, saprà far bene senza ombra di dubbio. Bravo, Raffaele!

Eterna giovinezza

Ho visto una breve scena, tratta dal film 'Il ritratto di Dorian Gray', a sua volta ispirato al romanzo di Oscar Wilde. A tema il miraggio dell'eterna giovinezza (per la quale si sarebbe disposti a vendere l'anima), la questione mai risolta se sia meglio dar sfogo alle tentazioni, vivendo una vita piena, esaudendo ogni desiderio, oppure resistere stoicamente alle tentazioni, nella convinzione che non è l'appagamento dei sensi a donare la felicità. Argomenti vitali, intorno ai quali girano le vite degli uomini, le scelte, i destini. "Sono i sensi che guariscono l'anima" dice il 'maturo' Lord Henry Wotton al giovane Dorian Gray, "come pure l'anima è guarita dai sensi. Resistere alle tentazioni intossica la mente." Non resistete alla tentazione di leggere il romanzo di Oscar Wilde!

Nemmeno con un fiore

Oggi, 25 novembre, è la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, istituita dall'Onu il 25 novembre del 1999 per ricordare la tragica sorte delle tre sorelle Mirabal, trucidate dai militari del dittatore Trujillo a Santo Domingo. Leggo su Televideo che, nonostante i passi in avanti, la violenza (subita, in tanti modi diversi, per mano degli uomini) resta la principale causa di morte delle donne. Sono sconcertato. Io una donna non la sfiorerei nemmeno con un fiore. Regalo queste rose a tutte le donne del mondo, e chiedo scusa per i maschi che si sono abbassati e si abbassano a tanta inconcepibile disumanità.

giovedì 24 novembre 2011

Alessia e Beatrice

23.11.2011, campestre di Brinzio: Beatrice Oldani (a destra, maglia azzurra Vidoletti) e Alessia Bottinelli (al centro), saranno le nostre migliori 'ragazze': 12^ e 14^ su 172 ragazze.
(foto Magonara)

172 primine

23.11.2011, campestre di Brinzio: la partenza delle 173 ragazze di prima media (foto Magonara)

Medaglia d'argento

23.11.2011, campestre di Brinzio: Alessandro Bernasconi (maglia verde) si avvicina al traguardo. Ad attenderlo la medaglia d'argento, un entusiasmante secondo posto su 183 miniatleti. (foto Magonara)

183 primini

23.11.2011, campestre di Brinzio: l'impressionante gruppone dei 'ragazzi' di prima media, 183 per la precisione, e già appaiono delle maglie verdi Vidoletti nelle prime posizioni (foto Magonara)

Ultime raccomandazioni

23.11.2011 campestre Brinzio: il prof. Enrico Piazza dà le ultime raccomandazioni ai ragazzi Vidoletti (foto Magonara)

Immaginazione

E' davvero potente, inesauribile, creativa la forza dell'immaginazione. Ha i piedi per terra, parte dalla realtà e poi corre, salta, vola, inventa, ricrea, distrugge. Uno scrittore lo sa. Uno scrittore sa immaginare: per forza. L'immaginazione a volte può essere persino consolante, attenua mancanze e sgambetti della realtà. Ma l'immaginazione può non bastare, può accompagnarci sul versante della malinconia.

in foto: uno dei frutti della mia immaginazione, non fervida ma vivace.

mercoledì 23 novembre 2011

I capelli di Monica

I lunghi capelli di Monica Parolin volano nel cielo di Brinzio: ormai siamo al traguardo.

Veloci come un'onda

Ecco l'onda benefica delle 'ragazze' di prima media, subito dopo la partenza. Allegra Marè (maglia azzurra) è già lì davanti.

Le prime emozioni di gara

Tremano un po' le gambe ai 'ragazzi' di prima media, qui alla partenza. Sono alle prime, emozionanti gare.

Brava Alessia

Ottima prestazione anche per Alessia Valeretto, fra le migliori nella categoria 'cadette'.

La lotta si rinnova

Grandi amiche in classe, rivali sui campi di gara, Charlotte Ovalle (a sinistra, quasi fuori campo) e Cristina Redaelli hanno dato vita a Brinzio ad una nuova sfida. Cristina ha avuto la meglio nella fase di Istituto, vincendo il Memorial Croci, qui Charlotte si è presa la rivincita.

Brava Camilla

Ultime falcate per Camilla Barozzi, 5^ della categoria 'cadette' e prima della Vidoletti.

Il terzetto al galoppo

Le maglie verdi Vidoletti già ai primi posti dopo il primo passaggio: David Magonara (ottimo acquisto dalla Dante Alighieri), Josè Serrano e Mattia Casnici.

Con il prof. Enrico

Il gruppo Vidoletti con il prof. Enrico Piazza, oggi, campestre di Brinzio.

Pippo & Silvano

Grazie al nostro coordinatore prof. Giuseppe Gazzotti detto Pippo (a sinistra), stamani abbiamo potuto regalare ai ragazzi una bella mattina di sport sul pratone del Brinzio. Pippo ha dato il massimo, ben spalleggiato dagli uomini del Centro Fondo Brinzio e dai prof. di ginnastica (in primis Claudio Schena al computer), fatto sta che la fase distrettuale di corsa campestre dei Giochi Sportivi Studenteschi si è svolta al meglio. Del resto Pippo è un entusiasta, al pari di Silvano Danzi (con lui nella foto), gente che va ancora a passione, una benzina che porta lontano.

Il gruppone

Gruppo completo Vidoletti, prima del via. Assente giustificato il prof. Enrico Piazza, in perlustrazione lungo il percorso per studiare il terreno, cogliere i punti più insidiosi ed impostare la tattica di gara, che infine risulterà vincente (o quasi).

Ragazzi & Cadetti

La formazione maschile della Vidoletti, in gara stamani, mercoledì 23 novembre 2011, nella corsa campestre del Brinzio. Ottimo il loro comportamento in gara.

Ragazze & Cadette

Le ragazze e le cadette della Vidoletti, impegnate stamani nella corsa campestre distrettuale a Brinzio. Ottimo il loro comportamento in gara.

Affezionato

Sono molto affezionato alla mia Hyundai i10 rossoferrari (a destra), che fra poco compirà due anni. Qui la vediamo posteggiata nel cortile della Vidoletti, anche se in realtà non vado quasi mai a scuola in auto. Vado in bici, in auto se piove o quando, in inverno, ho la prima ora e fa freddo scendere in bici alle 7.30. Cerco di usare il meno possibile l'auto, preferisco fare movimento. Ma questo si sa. La i10 ha una guida scattante, e soprattutto la mia ha un impianto stereo ottimo. Infatti amo molto ascoltare la musica in auto. Ottimo acquisto, che regge il confronto con la più prestigiosa (e costosa) Fiat 500 nuovo modello, che a sinistra vediamo in una versione rossoferrari con banda tricolore. Viste da lontano, sembrano uguali.

martedì 22 novembre 2011

Il primo, senz'altro

Voglio essere il primo: tanti auguri, cara Caterina detta Ketty. Del resto tu sei nata alle due di notte del 23 novembre 1991, quindi non manca molto.
Vent'anni.
Ti auguro tutto quello che un padre romantico può augurarti.

papàcarlo

IL RACCONTO DEL MERCOLEDI'

NON RINFRESCA NEMMENO QUASSU’

Mio padre mi ha stupito, non gli riusciva così bene da sessant’anni anni, cioè da quando sono nato.

Oggi (come negli ultimi mesi, del resto) l’ho visto seduto sul balcone, immobile, perso nella sua malinconia e gli ho detto: “Dai, vecchietto, che ti porto a respirare aria buona.” Non ha chiesto né dove né come né quando né perché, mi ha seguito senza un gemito, senza un sorriso. Muto e obbediente. Avrei voluto dirgli ‘Non parli?’ ma ho preferito indagare fra le sue rughe e negli occhi, per trovare i rimasugli di passione, una goccia di voglia di vivere. Tutto spento.

Mio padre ora dimostra più della sua età, cammina da vecchio, pensa da vecchio, morirà da vecchio. O forse no. Spero di no. Ma intanto vive e allora ho pensato che salire di quota, cambiare panorama, diminuire di qualche grado la temperatura esterna potesse dargli sollievo. Lui mi segue come un agnello. Sta salendo in auto e dice: “Dove mi porti?”

“Al Campo dei Fiori. Va bene?”

“Come vuoi tu” e il resto lo aggiungo io ‘Tanto io non ho più voglia di niente.’

Ora siamo sul piccolo piazzale detto del Belvedere a mille metri di altezza, seduti su una panchina. Il vedere è bello, c’è tutta la nostra città, i sobborghi, i laghi, la pianura, i colli. Lui tace. Eppure era un gran parlatore, avvocato, costretto per lavoro e aiutato dal carattere a cucire frase su frase, un grande tappeto di balle, con ricami di verità. Guarda, sospira, accavalla la gamba aiutandosi con le mani e dice: “Ahi!”. Il dolore, non continuo, acuisce la depressione. Perché s’era illuso di non sentirlo più ma quello arriva, rivendica la sua presenza.

Cerca i miei occhi e allora io fuggo, guardo il lago, il cielo opaco, respiro l’odore dell’afa, che non rinfresca nemmeno quassù. Non reggo più il suo sguardo rapace, che implora la mia attenzione. Non lo sopporto perché so cosa vuole dirmi con quegli occhi slavati, ed io non saprei che rispondere. Non lo sopporto perché è uno sguardo senza pudore. Mi sveste. E il nudo della mia umanità fa pena. Inventerei le solite parole, la mia impazienza gli consiglierebbe di pazientare, di sopportare, di ringraziare per quello che ha avuto. Ha novantasei anni: cosa pretende? Che un figlio non pensi in questo modo di suo padre? Certo, fa bene a volerlo, protestare, ma questo sono io e quello è lui. Così va il mondo.

I miei occhi scappano e lui torna a guardare nel vuoto, verso un futuro che non esiste. Quello che era da fare è stato fatto. Non resta che attendere. Ma l’attesa della morte è già morte piena.

Se almeno parlasse. Se almeno scrivesse. Per scrivere non ha mai scritto, di parole al vento ne ha soffiate tante, ma di lui che mi ha detto? Della sua paura di morire, ad esempio? Eppure lo so, lo so perché è così per tutti, se siamo uomini; lo so quello che ha in testa, quali pensieri si rincorrono nelle viuzze della sua mente, come vento, come bimbi nel gioco.

Ora guarda in basso, nella direzione della sua infanzia: la sua castellanza, la sua prima casa, i genitori, gli amici, le ragazze, le bevute di grande godimento nelle giornate calde, la bella fame dei giovani. Ricorda e penserà: ‘Dio mio, come è passato in fretta.’ Più a sud la città che lo ha accolto: famiglia, professione, più professione che famiglia, avvocato di grido, come si dice, ma in famiglia gridava poco, sostava per una breve fermata, sedeva in poltrona, mangiava, leggeva il giornale, ci sorrideva come chi saluta perché deve già partire. Ora sbuffa, con timidezza, fingendo di nascondere l’amarezza e insieme pretendendo che io la veda. Che capisca fin dove può arrivare la paura. La delusione. O forse sbuffa perché ha trovato qualche errore commesso in passato, errori di omissione soprattutto, e se ne rammarica, non può più farci nulla, non può recuperare e allora la rabbia è con se stesso, il bilancio non lo soddisfa. Ma nessuno è soddisfatto quando s’avvicina l’ora. Anche cent’anni non bastano ad appagare l’uomo. Anche un’esistenza piena. Io sto qui a ragionare, a ipotizzare, ma che so di lui? Perché mi vuole lasciare nell’ignoranza? Mia mamma è morta, nulla ha lasciato di scritto che potesse regalarmi qualche intimità di mio padre. Sto per urlargli in faccia: “Ma cosa pensi?” e lui si volta, non posso scappare ancora da quegli occhi, li penetro, i nostri sguardi si sfiorano come nuvole, sorride, forse è un grazie per quell’uscita improvvisata. No, niente, torna a guardarsi i piedi, ad accarezzarsi la gamba dolente, a grattarsi come croste le sue pene, ruminandole nell’afa d’agosto. Prende fiato, sbuffa di nuovo; è dimagrito, il suo pallore da malato è impressionante. Per un istante sospetto che potrebbe farsi vincere dalla tentazione del vuoto, mettersi in piedi di scatto e lanciarsi verso la scarpata senza nemmeno urlare di paura, portando il suo silenzio definitivo sin nella tomba. Ho paura e sto per dirgli: ‘Rientriamo, papà, tanto nemmeno qui c’è aria.’

Mi precede. Si volta. Sta piangendo. “Làsum sfugà, fiò” mi dice, sorprendendomi. “Làsum sfugà” e comincia a parlare, parlare, parlare.

Il solo modo

C'è un solo modo per non pensare alla morte: innamorarsi della vita.

Pensieri segreti

Nessuno ti ricorderà per i tuoi pensieri segreti (Gabriel Garcia Marquez)

Cecilia

Santa Cecilia: tanti auguri ziocarlo

Non illudiamoci

Non siamo mai abbastanza sensibili, mai troppo attenti all'altro, mai troppo rispettosi. Chi si illude di esserne capace, di essere arrivato, in realtà ha solo sbagliato strada.

Volo

Condividere la gioia è aumentare l'ampiezza delle ali. Condividere il dolore è un modo, forse il solo, per atterrare.