martedì 26 febbraio 2008

Una morte vitale


Come qui ho già scritto, sino ad ora ciò che ha contribuito a farmi cambiare di più è stata la sofferenza. Oggi aggiungo (parrà una bestemmia): per fortuna che c'è la morte. Che incombe su di noi e ci invita non solo a vegliare, ma soprattutto a fare. Una veglia operosa. Oggi, tornando in bici da scuola, pensavo a cosa sarebbe l'uomo senza la consapevolezza della fine. Un individuo pigro, svogliato, apatico, senza interessi, senza slancio vitale, senza creatività, senza quella spinta poderosa che dà il desiderio di lasciare qualcosa ai posteri...dovremmo dire: grazie, morte. C'è chi dal pensiero della morte si fa schiacciare, ma credo che la maggior parte degli uomini 'approfittino' della sua esistenza per tuffarsi nella vita, raccattando il più possibile, alcuni per il solo piacere personale, ma molti, forse i più, per essere felici regalando spazi di felicità agli altri, nella consapevolezza che si è tutti sulla stessa barca, destinati ad un identico approdo. Un porto che si dovrà raggiungere, ma intanto si rema il più possibile in direzione contraria. A questo pensavo, pedalando verso casa, intorno alle 14, dopo una mattina di lavoro.