sabato 10 novembre 2012

Quel giorno che tremò la notte 25



VENTICINQUE


Peppo vide partire la vettura dei due carabinieri. Avevano acceso la sirena ma l’avevano spenta subito. Non c’era traffico lassù, piuttosto paura, fatica, rabbia. Peppo, chissà perché, si fissò nella mente la targa della camionetta, E.I. 12578 e guardò Giorgio: “Dai che uno l’abbiamo tirato fuori” disse.
“Speriamo. Povera figliola.”
“Ma è viva, cazzo, non portar rogna.”
“E’ viva, è viva...”
Guardarono il tetto mutilato, la scala contro la parete della casa, il cielo ferito. Due persone stavano lavorando, spostando piccoli detriti, briciole.
“Con lui non ci si riesce” disse Giorgio.
“Ci vuole la gru” disse Peppo.
“Troppo tardi ormai, cazzo!”
Per un attimo i loro sguardi si incrociarono. Occhi rossi, gonfi, mani ferite, terra sui capelli, sui vestiti. Peppo aveva il viso scavato, incazzoso, rughe profonde. I tratti somatici di Giorgio erano quelli della persona paziente, che spera. Quieta, riflessiva.
“Che facciamo? Andiamo su?” chiese Peppo.
“Diamogli il cambio, dai” e Giorgio alzò lo sguardo verso la scala e il cielo.
Arrivò un’ambulanza. Peppo pensò che non sarebbe più servita, almeno in quel cortile. Ma l’immagine triste del giovane schiacciato dal terremoto gli procurò una ribellione potente, prese Giorgio per un braccio: “Per la Madonna, saliamo, dai, ce la si fa, ce la si fa ancora.”
Giorgio lo seguì. Aveva già un piede sul piolo e si ricordò del sacerdote. “E      quel prete? E’ ancora dentro casa?”
“Da lì non combina una sega” disse Peppo.
“Rischia soltanto.”
“Io salgo, vado su a controllare.”
“Arrivo” e Giorgio torno ad appoggiare i piedi a terra. Si avvicinò all’uscio.
Lo vide a metà scala, con le mani nei capelli. Era una macchia nella penombra e nel freddo. Non lo conosceva, cosa avrebbe potuto dirgli? Perché si era intestardito nella scelta di provarci da lì sotto? Chi era questo don Marco? Da dove veniva? Non avevano avuto tempo di presentarsi, si erano messi subito a spostare tegole.
“Venga fuori” urlò Giorgio.
Don Marco alzò la testa ma non rispose.
“Ci sono le scosse, perché rischiare?”
Don Marco disse qualcosa, Giorgio pensò di poter tradurre con un adesso esco, ma non ne era sicuro.
Il tuono di una nuova scossa d’assestamento partì da lontano, come un ruggito o un lamento di animale ferito. Crebbe e cominciò a piovere calcina dalle pareti.
“Fuori, fuori!” urlò Giorgio, che corse all’aria aperta.
Gli uomini sul tetto si erano già preparati alla fuga. Peppo era a metà scala, uno era già nell’aia, l’altro invitava a far presto, dall’alto della casa.
“Tutti via, questa è forte” urlò un giovane che stava nel cortile. Peppo toccò terra e si mise a correre. Giorgio restò immobile, a due metri dalla porta d’ingresso, sventrata dal sisma.  Fece un passo verso il prete ma si fermò. Aveva troppa paura.
La gente scappava dalle case, chiedendosi se non avessero già sofferto abbastanza, se il male non si fosse ancora sfogato.
“Viene giù, viene giù” urlò una donna. La scala appoggiata alla parete si sbilanciò verso il vuoto. Cadde a pochi metri da Giorgio con un gran colpo e si spaccò nel mezzo.
Il tremore della terra crebbe di nuovo. Giorgio fece due passi indietro. Immaginò la parete della casa che si sbriciolava, pensò che a quella distanza non era al sicuro. Un pezzo di grondaia si staccò del tutto. L’uscio di casa venne oscurato dalla terra mossa dai detriti. Una nuvola. In quella nuvola filtrò l’urlo di Giorgio, che chiamava disperatamente don Marco. E dalla nuvola, di corsa, venne fuori il prete, inciampò sulla scala, cadde senza grazia, si rialzò con calma, come chi cerca di nascondere con la noncuranza la brutta figura di una goffa caduta.
Giorgio era corso a dargli una mano.
“Ce la faccio, ce la faccio, grazie…” disse don Marco.
La casa cedette all’improvviso. Si ripiegò, riempì di macerie gli spazi che avevano ospitato vite umane, avventure, destini, sesso.
Lo spostamento d’aria sollevò una nebbia densa e male odorante. Don Marco e Giorgio erano rimasti i soli nel cortile. L’auto dei due giovani venne sommersa dalle pietre. Più che vedere, i due sentirono la casa crollare, spinti dallo spostamento d’aria. Terrorizzati, si erano messi a correre verso la strada provinciale.     

                                                                                             25 - continua