mercoledì 12 ottobre 2011

Grande allenatrice

Nel post sottostante mi sono dimenticato di scrivere che Brigitte Jesu (in foto), grande ostacolista degli anni Ottanta, è allenatrice anche di Francesco Praolini, in forza al Cus dei Laghi-Atletica Varese, classe 1992, uno fra i migliori ostacolisti italiani della sua categoria.

Guglielmo l'ostacolista

Grande risultato per l'atletica varesina: Gugliemo Tadini (a sinistra) la scorsa domenica ha conquistato la medaglia d'argento ai campionati italiani 'cadetti' di atletica leggera, che si sono disputati a Jesolo. Specialità: 100 ostacoli. Bisogna dire che Guglielmo (in forza all'Atletica Malnate del mitico Alberto Cadonà) era accreditato con il miglior tempo; dopo una pessima batteria (qualificato alla finale coi ripescaggi) si è rifatto in finale, facendosi però superare per pochi centesimi dal reatino Leonardo Bizzoni. Guglielmo è figlio d'arte, perché la mamma Brigitte Jesu (al centro nella foto) è stata grande ostacolista, ed è oggi la sua allenatrice, nonché da quest'anno mia collega in palestra alla Vidoletti. Festa doppia, dunque, in casa Tadini.

Non fare domani

Ci sono stati anni nei quali sono stato proprio un bravo ragazzo, un 'ometto' come mi chiamavano allora: gli anni delle elementari e parzialmente delle medie. Volevo essere bravo, in tutto. Ricordo che allora fra i miei imperativi vi era il seguente: non fare domani ciò che potresti fare oggi. Poi le cose sono un po' cambiate. Anzitutto ho cominciato a contestare il fatto che sia giusto e 'salutare' essere un 'ometto', cioè un piccolo uomo quando bisognerebbe essere solo un bambino, col rischio di avere rimpianti fanciulleschi quando si è uomini davvero. Ma a parte ciò, non sempre (quasi mai) rispetto l'antico proposito, e faccio sempre prima ciò che più mi garba, lasciando spesso all'ultimo le cose più sgradite. Per questo continuo a guardare la busta con le domande del censimento, che spetta a me completare, la saluto e faccio altro.

in foto: erano le mie figlie delle brave donnine? Mah, non saprei.

IL RACCONTO DEL MERCOLEDI'

LA DENUNCIA

La mattina del tre ottobre duemilaundici il vicequestore Innocente Dechirico entrò nel suo ufficio con la felicità che gli pizzicava nello stomaco. Aveva in bocca il sapore del caffè espresso, bevuto al vicino Bar Fiordaliso, addolcito dagli avanzi di fumo della prima sigaretta della giornata. Sedendosi alla scrivania notò una piccola macchia di caffè sul polsino della camicia, stirata di fresco. Bastò quella vista per rivoltargli l’umore. Si domandò come avesse fatto la goccia a finire proprio lì, se il polsino sbucava dalla giacca per non più di un centimetro.

Quando Innocente prese in mano il plico della posta, non si era ancora tranquillizzato. Fu incuriosito da una busta dalla dimensione non ufficiale, la aprì, trovò il seguente testo:

“Il sottoscritto Colombo Cristoforo, di anni cinquanta, sporge denuncia per abuso su minori (mai diventati maggiori) e per crimini contro l’umanità, con grave rischio di estinzione della specie. La denuncia è ai danni di Carolina Recalbuto, proprietaria del negozio di orologi ‘Tempus fugit’.

Entrato nel negozio summenzionato, in data primo ottobre duemilaundici, per sostituire una pila al mio Rolex, ho assistito al seguente dialogo.

Un uomo dell’apparente età di quarant’anni ha detto alla signora Carolina: ‘Le donne sono tutte uguali. Tutte rompicoglioni. Prima, quando si è giovani, vogliono l’uomo un po’ maledetto, un po’ sopra le righe, poi, dopo il matrimonio, cambiano e cominciano a rompere e quel tipo maledetto non va più bene. Sono tutte uguali le donne.”

Al che la proprietaria ha risposto: “Lei conosce mio figlio?” “Certo, Stefano, come no. Certo, è mio amico.”

“Bè, caro signore, provi a chiedere a mio figlio se sua madre rompe.”

“E questo cosa c’entra” ha detto l’uomo, che ho scoperto chiamarsi Calogero.

“Come cosa c’entra. Mio figlio ha quarantatré anni e sta ancora con me, e non ha mai detto che sua madre rompe quella parte che ha detto lei. Anzi….Ma sa perché?”

“Perché?” ha chiesto Calogero, che mi è parso spazientirsi.

“Perché sono stata io a dirgli quali donne rompevano per lui. Anzi, meglio, non è che le donne rompono, alcune donne sono stronze. Perché c’è differenza fra chi rompe e chi è stronza. Io gli dicevo ‘quella non va bene’, ‘quella è una stronza’…chiedete a Stefano se oggi si lamenta, se rompo.”

A quel punto Calogero ha fatto un gesto, che secondo me significava ‘Ma vada a cagare!’, mentre un secondo cliente, che sino a quel punto era stato zitto ma aveva ascoltato con attenzione, ha chiesto alla signora Carolina: “Mi scusi, non ho colto la differenza fra rompere e essere stronze. E poi volevo dirle che io sono sposato da quarant’anni e sto benissimo.”

La proprietaria ha fatto finta di non sentire, si è rivolta a me e ha detto: “Come posso servirla, signore?”

Quella donna è un pericolo per l’umanità, questo il senso della mia denuncia. Naturalmente ho preso i dati di Calogero e dell’altro cliente, che possono testimoniare a mio favore.”

Il vicequestore Innocente Dechirico finì la lettura, fece il gesto di prendere il foglio fra i due pollici e i due indici per sezionarlo e cestinarlo, ma prese tempo, si concedette una pausa di riflessione, sorrise e lo piegò in quattro, facendolo accomodare sopra la pigna delle denunce che abbisognavano di una rilettura più attenta. Immaginò la signora Carolina. Probabilmente era anche racchia.

in foto: controluce sulla Questura di Varese, in piazza Libertà