sabato 2 giugno 2007

Esito e attesa


Questa mattina, salendo in bici al Campo dei Fiori, ero particolarmente felice. E pensavo che l'esito (della vita) è un'attesa (del meglio) e se questa è la prospettiva, perché aspettare? Spiego meglio: era come se sperimentassi che meglio di così non poteva andare, che in fondo ciò che dovevo vedere l'avevo visto, ciò che potevo sperare in questo passaggio l'avevo ottenuto, quindi il sèguito sarebbe stato sì altra felicità, ma anche altro dolore e prova e allora, se l'esito era un'attesa di novità, non era il caso di perder tempo. Pensieri sparsi, mossi dal piacere della pedalata e di un sole tiepido, dopo tanta pioggia. Quando si sta bene e la vita ci pare così attaccata addosso, si fanno pensieri come questi: che attendere ancora? Quando si sta male e la vita ci sfugge, allora la si afferra, e il perderla (perdita che si sente realmente possibile nell'infermità) ci pare una sciagura.


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