mercoledì 4 maggio 2011

La frase del Che

Per completezza di informazione in merito a quanto scritto nei due post sottostanti, ecco l'esatta citazione che ripeteva la mia amica e collega Rosi. Oggi è stata scritta su targa e lasciata, a futura memoria, nel giardino della sua (e mia) scuola.

Guarda alla realtà, punta all'impossibile

Rosi Tettamanzi, docente alla Vidioletti morta un anno fa, amava ripetere alcune frasi 'ad effetto', che rimanessero impresse nella mente dei suoi alunni. Una di queste è stata scritta su una targa, che resterà accanto al 'suo giardino', inaugurato stamani nel cortile della scuola di via Manin (in foto, alcuni alunni presenti alla cerimonia). Il senso della frase è il seguente: guarda alla realtà, punta all'impossibile. Rosi era una donna molto pratica, piedi ben piantati a terra, certo non una sognatrice dalle facili distrazioni e dalla voglia di non rimboccarsi le maniche nella 'dura' realtà, ma insieme voleva mantenere la capacità di sognare. E questo cercava di far capire ai suoi alunni: saper apprezzare la quotidianità, ma nello stesso tempo aspirare a qualcosa di più, senza rinunciare (per pigrizia o paura) a ciò che potrebbe apparire impossibile. Frasi che restano. Che fanno pensare. Che danno coraggio.

Un anno senza Rosi

Un anno fa moriva Rosi Tettamanzi, docente di francese alla scuola media Vidoletti, nonché grande organizzatrice di visite di istruzione in Provenza e in Normandia, nonché grande organizzatrice dei Giochi matematici, nonché nonché nonché.....e la sua scuola media ha voluto ricordarla con una commovente cerimonia (e Rosi era una donna che si commuoveva) nel giardino della Vidoletti. E' stata predisposta un'aiuola con alcuni fiori tipici di Provenza e Normandia, è stata piantata una mimosa (Rosi portava sempre, l'8 marzo, la mimosa per le sue colleghe) e sono stati premiati gli alunni che hanno vinto i Giochi Matematici 2011, alla presenza del marito di Rosi, il docente universitario Angelo Guerraggio, del dirigente Antonio Antonellis, dei professori e di tutti gli alunni. Un anno senza Rosi: ma è ancora con noi.

Il respiro

Come spiego spesso ai miei alunni, la respirazione è fondamentale quando si pratica un'attività aerobica. Ampie inspirazioni ed espirazioni. A volte mi viene questo pensiero, mentre fatico: con l'espirazione, oltre all'anidride carbonica, butto fuori tutto il negativo che c'è in me e nel mondo, con l'inspirazione trattengo il meglio, l'ossigeno e tutti i pensieri positivi. E sono felice se capisco che i polmoni rispondono bene, che accolgono tutto l'ottimismo possibile. Fuori il male, dentro il bene. Il cuore si potenzia, i muscoli intercostali rimangono elastici, la gabbia toracica non si irrigidisce, ma soprattutto raccolgo e metto in cascina la voglia di continuare.

IL RACCONTO DEL MERCOLEDI'

LA PAROLA

Sono una delle tante parole di un lungo discorso di un oratore erudito ma assai palloso, troppo colto per poter capire che ha superato il limite di sopportazione, troppo presuntuoso da poter intuire che ci sta usando in malo modo. Non è ancora il mio turno. Uscirò fra poco, quando sarà la volta del primo: “Mi avvio dunque alla conclusione.” Poi ne seguiranno altre tre o quattro di queste promesse non mantenute. Intanto che aspetto il via, aggiungo che mi hanno incaricato (le mie sorelle) di fare da portavoce, per comunicare al mondo che noi assolutamente non abbiamo responsabilità. Noi eseguiamo ordini, quando è tempo di uscire usciamo e ci troviamo davanti la vostra attesa (le prime), il vostro interesse in fase calante, quindi (siamo a metà circa) le vostre prime avvisaglie di irritazione, la vostra noia (talune di noi vengono sbranate da sbadigli voraci), la vostra indignazione, la vostra rabbia. Noi parole reclamiamo la nostra innocenza. Siamo strumenti di una mancanza di consapevolezza, di una presunzione di onnipotenza. Abbiate pietà di noi e, perché no, anche di chi ci butta nella mischia. Non sa quello che fa.

Oggi, ad esempio (la mia ora si avvicina) m’è capitato un relatore tipo, piuttosto anziano, sulla sessantina, non così sclerotico da regalare discorsi astrusi ma ormai tanto preso dalla sua materia, da dimenticare che non conoscerla a fondo non è la fine del mondo, né motivo di battersi il petto o di flagellarsi. Convinto di regalare all’uditorio parole decisive, mutando i connotati alla realtà (sicché gli indizi di rottura di palle diventano per lui chiari segni di affezione al relatore e al suo eloquio), il nostro prosegue indomito, mantenendo un tono di voce da sussurri (senza grida), seguitando a ripetere “Come loro già sapranno…” ben sapendo che nessuno sa, può e (a questo punto) vuole sapere e proprio per questo gonfio di una vanità da conoscenza specialistica.

Ecco, io, parola “alla”, sono chiamata in causa. Vi saluto. Spero di volare alta, superando la vostra indignazione e scomparendo fra le nebbie dell’ignoranza.

“Mi avvio dunque…” Addio! “alla conclusione….”


in foto: ciò che provocano alcuni lunghi discorsi