mercoledì 4 maggio 2011

IL RACCONTO DEL MERCOLEDI'

LA PAROLA

Sono una delle tante parole di un lungo discorso di un oratore erudito ma assai palloso, troppo colto per poter capire che ha superato il limite di sopportazione, troppo presuntuoso da poter intuire che ci sta usando in malo modo. Non è ancora il mio turno. Uscirò fra poco, quando sarà la volta del primo: “Mi avvio dunque alla conclusione.” Poi ne seguiranno altre tre o quattro di queste promesse non mantenute. Intanto che aspetto il via, aggiungo che mi hanno incaricato (le mie sorelle) di fare da portavoce, per comunicare al mondo che noi assolutamente non abbiamo responsabilità. Noi eseguiamo ordini, quando è tempo di uscire usciamo e ci troviamo davanti la vostra attesa (le prime), il vostro interesse in fase calante, quindi (siamo a metà circa) le vostre prime avvisaglie di irritazione, la vostra noia (talune di noi vengono sbranate da sbadigli voraci), la vostra indignazione, la vostra rabbia. Noi parole reclamiamo la nostra innocenza. Siamo strumenti di una mancanza di consapevolezza, di una presunzione di onnipotenza. Abbiate pietà di noi e, perché no, anche di chi ci butta nella mischia. Non sa quello che fa.

Oggi, ad esempio (la mia ora si avvicina) m’è capitato un relatore tipo, piuttosto anziano, sulla sessantina, non così sclerotico da regalare discorsi astrusi ma ormai tanto preso dalla sua materia, da dimenticare che non conoscerla a fondo non è la fine del mondo, né motivo di battersi il petto o di flagellarsi. Convinto di regalare all’uditorio parole decisive, mutando i connotati alla realtà (sicché gli indizi di rottura di palle diventano per lui chiari segni di affezione al relatore e al suo eloquio), il nostro prosegue indomito, mantenendo un tono di voce da sussurri (senza grida), seguitando a ripetere “Come loro già sapranno…” ben sapendo che nessuno sa, può e (a questo punto) vuole sapere e proprio per questo gonfio di una vanità da conoscenza specialistica.

Ecco, io, parola “alla”, sono chiamata in causa. Vi saluto. Spero di volare alta, superando la vostra indignazione e scomparendo fra le nebbie dell’ignoranza.

“Mi avvio dunque…” Addio! “alla conclusione….”


in foto: ciò che provocano alcuni lunghi discorsi

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