lunedì 4 luglio 2011

Arrampicarsi sui vetri

Qual è la reazione più naturale e (a mio avviso) più sana, quando la malinconia ci trascina in basso? Quando la tristezza azzoppa la speranza e manca l'aria? Si nuota alla svelta controcorrente per risalire la china dell'ottimismo. Bracciate affannose, per ritrovare ossigeno. Ma a volte questa operazione non riesce. E' come se ci arrampicasse sui vetri, se si tentasse di scalare un albero della cuccagna spalmato di grasso. Vince la gravità.

L'alpina

Da vecjo alpino non potevo non rimanere colpito da un'alpina (oltretutto carina, peccato che la foto non renda), incontrata stamani sulla metropolitana milanese. Non sapevo che esistessero. Non si finisce mai di imparare. Nè di apprezzare.

Ritorno

Probabilmente era dal luglio del 1978 che non prendevo più un treno della Nord, in arrivo alla stazione Cadorna di Milano. Stamani il ritorno, dopo che dal 1975 al 1978 su quei treni ci sono stato tutti i giorni, o quasi, studente Isef. Naturalmente molto è cambiato, a cominciare dalla facciata (foto). I treni sono più belli, allora non c'erano cellulari, gente che usava il pc, non c'erano i giornali gratis ma soprattutto non c'era la sovrabbondanza di auricolari alle orecchie. Tornando ho preso un regionale, cioè un treno che fa tutte le fermate: come allora, quando rientravo verso le 8 di sera, partivo da Milano col treno pieno e poco alla volta, come una clessidra, si svuotava. Arrivano a Varese praticamente solo, col treno che veloce percorreva l'ultimo tratto, da Malnate alla città, nel buio, passando sopra l'alto ponte, e le porte fra un vagone e l'altro sbattevano. Ero stanco, pensavo più al letto che alla cena, più a dormire che ad immaginare futuri di gloria.