giovedì 25 ottobre 2012

Quel giorno che tremò la notte 6



SEI

Il primo bacio fu due giorni dopo la serata in pizzeria. In piedi, davanti alla fermata del tram numero quarantaquattro. Milano sapeva di rotaie, di smog, di aliti pesanti da fumo e da fatiche mal digerite dopo una giornata di lavoro.
Non erano soli. Avevano parlato di tutto, anche di Dio. Roberta era stata distratta da una sua proposta di viaggio, la stava valutando mentre Romano cercava di presentargliela nel migliore dei modi.
La prima volta fu al principio di un triste tramonto metropolitana: nuvole vento freddo. Un freddo che s’attaccava addosso, che cercava il calore dentro vestiti d’altri. Furono persino banali (“Si gela!” disse Roberta. “Danno brutto per un po’ di giorni” disse Romano), per non far pesare i rari spazi di silenzio. E quando Romano le infilò le dita nei capelli e avvicinò il volto di lei al suo, lo piegò sulla destra e l’appoggiò alla spalla, e le sue braccia la strinsero tanto da sentire la morbidezza del suo seno, qualcuno fra i presenti, infreddoliti alla fermata del tram, pensò che quei due erano fortunati. Avevano trovato il miglior modo per scaldarsi. Un’invidia buona, commossa. Ma altri provarono invidia rancorosa, fastidio per quel giovane amore nascente e sfacciato. Una rabbia ronzante e pungente alla bocca dello stomaco, per il tempo passato e per le occasioni lasciate.
‘Sta morendo un giorno e sta nascendo una storia’, questa l’idea di Tazio Sacelli, un dipendente Asl in sosta alla fermata; contava i giorni, era prossimo alla pensione e nell’attesa scriveva poesie.
Romano l’avrebbe baciata ma era infastidito dagli occhi degli altri. Le sue dita si aggrovigliavano nei lunghi capelli all’altezza delle orecchie.
Ora si guardavano in silenzio, dopo aver parlato per più di un’ora: anche del lavoro che non esisteva più e di quella mostra d’arte che li aveva fatti incontrare dieci giorni prima. Anche di Giorgio, che era un cafone ma aveva avuto il merito di condurla da lui, di farla uscire di casa per un vernissage che prometteva solo distrazione.
“E’ ancora aperta la mostra?” chiese Roberta.
“Chiude domani.”
“Avrà venduto?”
“Dubito.”
“Come si fa a campare di quadri?”
“Basta essere la compagna di Sazza.”
“Sazza?”
“Non pretendo che tu lo conosca.”
”Pittore?”
“Scultore. Lui sì che vende.”
“Basta anche per lei.”
“Esatto.”
“Squallido.”
“Squallido? Sono felici in due” e Romano prese a pedate un pacchetto di sigarette vuoto, che volò in mezzo alla strada e finì sotto le ruote di una moto. Teneva gli occhi bassi, parlava ma aveva in mente altro.
Adesso era anche questione di tempo. Il quarantaquattro stava arrivando, lei sarebbe salita, lui se ne sarebbe tornato a piedi. Poteva arrivare da un momento all’altro. Ci sarebbero state altre occasioni, naturalmente.
Più d’uno aveva guardato l’orologio, ripetendo alla sua voglia di casa che il solito tram si era perso nel solito ritardo, causato da un traffico feroce.
Romano era indeciso. Ora sarebbe stato troppo affrettato. Il silenzio fra loro durava troppo.
“A cosa pensi?” domandò Roberta, pentendosi per averglielo chiesto.
Romano allora smise di pensare. Lei chiuse gli occhi. Lui continuò piegando il capo sulla destra e lo stesso fece lei, adagio, aprì gli occhi, sorrise e li richiuse. Ora le sorrideva tutto il viso.
Nemmeno il tempo di gustarlo quel loro primo bacio perché il quarantaquattro arrivò con soli due minuti di ritardo: Roberta lo sentì dire da Tazio Sacelli, che aveva già in testa una nuova poesia. Avrebbe preso nota sul tram, in piedi, con una scrittura imprecisa, tremante nel traballio del mezzo pubblico.
Roberta quasi scappò via da lui. Salì. Scomparve nella ressa serale dei milanesi. Riapparve.
Romano alzò la mano destra e la salutò. Roberta gli mostrò la punta del naso appiattita contro il vetro posteriore del tram, dopo che con la mano lo aveva liberato dalla condensa.   
Romano abbassò la mano: la felicità gli scoppiava dentro, colorata e rumorosa come uno fuoco pirotecnico. Anche Roberta viaggiava nella gioia, un dolce fastidio andato a nascondersi in fondo allo stomaco.    

                                                                                                   6 - continua

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