domenica 10 febbraio 2008

Carnevale


Sabato grasso di colori e rumori e allegria. Io ci sono andato in centro Varese, non più con le mie bambine (ora troppo cresciute), da solo, per scattar foto e per respirare un po' di pazzia. Di esagerazione. Una delle poesie in dialetto che ho scritto e che preferisco si intitola proprio Carneval. E' nata qualche anno fa vedendo Caterina (la mia ultima bambina), vestita da fatina, allegra nel cuore della festa, sguazzare fra coriandoli e stelle filanti. La scrivo un po' in dialetto e un po' in italiano. 'Varese, coperta nel sabato grasso, pitturata e gioiosa come Arlecchino, tira avanti i suoi carri e la baldorio: Re Bosino, Pin Girometta, un zoppo, una strega. In piedi, senza maschera e trombetta, vestito con i soliti abiti, come ieri, vardi curiùus la matàna du la gent, mia bun da fass vidè senza ritegn. La bambina, alta come una zucca, smorza la corsa. Prende fiato, scappa via e poi torna qui. Na brencava da curiandul l'è par mi, gioia seca, carèza d'alegria.' Ecco, ogni tanto avrei bisogno di far qualcosa senza 'ritegno', ma non ne sono capace. E ogni tanto fa bene prendere in faccia i coriandoli dei bambini, che sono gioia secca, una carezza di allegria.

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