Capitolo sei
Il primo
bacio fu due giorni dopo la serata in pizzeria. In piedi, davanti alla fermata
del tram numero quarantaquattro. Milano sapeva di rotaie, di smog, di aliti
pesanti da fumo e da fatiche mal digerite dopo una giornata di lavoro.
Non erano
soli. Avevano parlato di tutto, anche di Dio. Roberta era stata distratta da
una sua proposta di viaggio, la stava valutando mentre Romano cercava di
presentargliela nel migliore dei modi.
La prima
volta fu al principio di un triste tramonto metropolitana: nuvole vento freddo.
Un freddo che s’attaccava addosso, che cercava il calore dentro vestiti
d’altri. Furono persino banali (“Si gela!” disse Roberta. “Danno brutto per un
po’ di giorni” disse Romano), per non far pesare i rari spazi di silenzio. E
quando Romano le infilò le dita nei capelli e avvicinò il volto di lei al suo,
lo piegò sulla destra e l’appoggiò alla spalla, e le sue braccia la strinsero
tanto da sentire la morbidezza del suo seno, qualcuno fra i presenti,
infreddoliti alla fermata del tram, pensò che quei due erano fortunati. Avevano
trovato il miglior modo per scaldarsi. Un’invidia buona, commossa. Ma altri
provarono invidia rancorosa, fastidio per quel giovane amore nascente e
sfacciato. Una rabbia ronzante e pungente alla bocca dello stomaco, per il
tempo passato e per le occasioni lasciate.
‘Sta morendo
un giorno e sta nascendo una storia’, questa l’idea di Tazio Sacelli, un
dipendente Asl in sosta alla fermata; contava i giorni, era prossimo alla
pensione e nell’attesa scriveva poesie..........
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