mercoledì 13 luglio 2011

IL RACCONTO DEL MERCOLEDI'

NON CE LA FACCIO

“Diceva?” e si asciugò la fronte con un fazzoletto. Il caldo aveva seccato l’ugola anche alle cicale di Gavirate.

“Dicevo che per me dipende dal lago?”

“Lago?”

“Sì, il lago l’ha fatto salire in auto, l’ha mandato a Varese. In quella villa buia.”

“Senta, abbia pazienza, facciamo un passo indietro.”

“Mi dica, sono qui apposta…per quel biglietto….la mia idea ce l’ho.”

“Dunque, erano le otto più o meno, le venti per la precisione, e lei è venuta a chiamarlo per la cena. Ha sentito che il signor Guido parlava fra sé, s’è bloccata sulla soglia, c’era il fascio di luce, il sole al tramonto, l’ha quasi acceccata, non vedeva bene…”

“Sì, ma abbastanza da intuire che era inquieto e che teneva in mano qualcosa. ‘Non ce la faccio, non ce la faccio’ ripeteva affacciato alla finestra.”

“Qualcosa…non ha escluso potesse essere la pistola, la ragazza dall’occhio nero…”

“Non lo escludo….anzi, forse quel mio decidermi ad entrare è stata la scelta di chi ha un’intuizione…forse ho pensato che avesse una pistola e ho temuto….fatto sta che sono entrata….ma non l’ho chiamato e sono certa che lui non mi ha sentita…senza girarsi ha aperto con rabbia un cassetto e ha nascosto ciò che teneva in mano…”

“Ma il biglietto l’aveva già scritto.”

“Sì, stava sul tavolo, l’ho visto….lì dove è stato poi recuperato, il giorno dopo.”

“Non ce la faccio….sicché lei non ha dubbi.”

“Che sia stato il nostro lago?”

“Già.”

“Ma l’ha visto?”

“Non le ho già detto che abito a Barasso?”

“Appunto…ma venga un attimo, s’affacci, per favore.”

L’uomo lo fece di malavoglia. Troppo caldo. Chiazze di sudore sotto le ascelle, sulla schiena, sul ventre. Si vergognava di farsi vedere a macchie. Aiutandosi con le braccia, si mise in piedi e la seguì alla finestra.

“Lo vede ora? Che ore sono…vediamo….le diciannove….bé, quella sera era tutto un altro paradiso, un’ora più tardi, il più bel tramonto di luglio, temporale al mattino e il vento. Sa com’è in estate, senza il temporale sale l’afa dall’acqua, cielo bianchiccio, ma dopo la pioggia, sfogata la tempesta chi è di qua sa bene che arriverà il vento e un tramonto d’argento sull’acqua….il lago si increspa, la luce galoppa sopra le piccole onde….non come stasera, mi pare un tramonto normale, senza la luce adatta, troppo caldo…era solo per farle vedere il panorama, la posizione…lui stava così come sono ora io, si specchiava in quell’argento…mi dica lei se uno può anche solo pensare ad una fine del genere, se incontra un tramonto così…venga, guardi.”

L’uomo si sporse, sentì una brezza minima, sentì fresco dove era bagnato.

“Non ce la faccio….solo questo ha scritto, lui che con le parole…quattro parole ma, se vuole, il seguito glielo scrivo io.”

“Scriva pure.”

“Non ce la faccio, se Dio continua ad ingannarmi così, regalandomi bellezza dopo avermi tradito. Che senso può avere questo lago che brilla? Perché non la solita acqua, inquinata e stagnante, già corrotta dal progresso? Acqua marcia? No, proprio stasera doveva arrivare la luce dove vorrei solo la notte, per poter fingere di non incontrare il nero di quest’occhio di pece, ragazza maledetta. Lago maledetto, che canta con la sua voce migliore….per dirmi cosa? Ormai è fatta…troppo tardi….no, qui non ce la faccio…devo andare….a Varese….troverò il coraggio….qui i riflessi parleranno alle stelle e alla luna convincendole che un fallito come me può trovare ancora pace. Anche di notte. Qui non ce la faccio….”

Lo scrittore Guido Morselli morì suicida il 31 luglio 1973, grazie ad un colpo di pistola. Era nella sua bella villa di via Limido, in Varese. Aveva 61 anni.

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