martedì 29 marzo 2011

IL RACCONTO DEL MARTEDI': Giuseppe Garibaldi

Sono Garibaldi Giuseppe detto il numero uno (che, sommato agli altri novecentonovantanove fa mille). Proprio io, quello dalla gamba ferita, l’eroe dei due mondi, barba e capelli fluenti, uomo di gloria e di coraggio. Il mio ardimento, ohimè, non mi ha impedito di morire ma la gloria, balsamo portentoso che mi ha conservato integro sino ad oggi, 2 maggio 2009, mi ha suggerito di fare un giretto in uno dei luoghi che mi hanno visto indiscusso protagonista. Ho scelto Varese: per quel bravo ragazzo, il Cairoli, e perché ancora ricordo con nitidezza il paesaggio. Una meraviglia. Prati e colli, alberi e acque, fiori e tripudio di vita in quella fine di maggio del 1859.

Eccomi qua. Vengo a piedi da un malridotto castello di Belforte, rocca che ancora porta l’odore selvatico e straniero del maresciallo Urban. Una bella camminata di un paio di chilometri, certo non salutare se i cavalli di allora sputano, oggi, fumi urticanti e nauseabondi. Una piazza e mi siedo sul basamento di una lapide, in vetta alla quale hanno eretto una statua con le mie sembianze. Reggo un povero milite, morto per la Patria. Direi che la mia riproduzione è approssimativa, ma a conti fatti mi somiglia. Faccio, a vista, la ronda dello spazio circolare, che so chiamarsi piazza XXVI maggio e non a caso. Proprio qui ha fatto fuoco e fiamme l’epica battaglia di Varese; qui è morto Ernesto Cairoli, e qui mi accomodo in solitaria preghiera, un requiem che una volta avrei detto laico; oggi (visto ciò che ho visto) preferisco definirlo trascendente.

Mi si avvicina un tale. Certo m’avrà preso per un barbone. Cerca il cappello? Il piattino per l’obolo? Che vorrà mai?

“Senta, perché non va a sedere da un’altra parte? Qui ci sono ricordi di morti da rispettare.”

Direi che è un vecchio biumensino. “Ha ragione, ma…”

“Ma….niente ma e niente se, là ci sono le panchine” e allunga il braccio. Poi s’allontana.

Ecco due giovani, nemmeno mi vedono, per loro sono incolore, insapore, peggio, aria di uno sgradevole peto. Sento il loro dialogo: “Merda, qui Alessandro Ballàn era a un chilometro e mezzo dal traguardo, andava come una moto.”

“Per me era dopato come tutti gli altri.”

Il cielo è una sfolgorante lastra azzurra, lucidata da un venticello che mi regala sollievo. Mi ridico che sarebbe ora di tagliare la zazzera, di sfoltire un po’ la barba. Eccone un altro. Lo saluto? Perché no.

“Salve.”

Si ferma. Mi guarda, si fa ombra con la mano a visiera. “Ma lo sai che lei assomiglia a Garibaldi?” Fa su e giù, guarda me e guarda la statua bronzea. “Ha sentito della polemica su Garibaldi?”

La conosco, ma voglio che me la racconti lui. “Quelli della Lega ce l’hanno con Garibaldi, dicono che i terùn ce li ha regalati lui. Io voto Forza Italia, ma un po’ di ragione Bossi ce l’ha…Incredibile, ma non gliel’ha mai detto nessuno che somiglia a Garibaldi?”

“Qualcuno sì.”

“Mi pareva…ora il sindaco s’è messo d’accordo con il Comitato per i festeggiamenti. Vogliono ricordare, dopo 150 anni, la battaglia di Varese, 26 maggio 1859…Meglio così….faranno una bella festa poi chi se s’è visto s’è visto. A chi vuole che interessi, oggi, Garibaldi e i suoi Mille?”

“Novecentonovantanove, prego.”

“Scusi, ma chi le dà questa matematica certezza?”

“Io c’ero.”

“Lei c’era?”

“Certo, io SONO Giuseppe Garibaldi” e batto i tacchi sul SONO.

Mi attendo l’occhio di chi mi giudica pazzo, e invece il mio interlocutore sta al gioco: “Garibaldi? Capito subito che somigliava troppo al nostro Generale. E allora, già che siede qua, glielo dico in faccia: la battaglia di Varese è stata una bravata. Lei arriva, fa il duro, spara, ammazza, ordina, gli austriaci fanno dietro front, salvo poi tornare dopo qualche giorno a chiedere il conto. Salato assai. Lei e i suoi dove eravate? A sguainar spade da altre parti?”

In tutta franchezza non ho voglia di battagliare con questo varesino irrispettoso del passato. Sarà che non sono più abituato a farmi domande. E poi non potrebbe capire. Mai potrebbe accettare, per esempio, che oggi il mio miglior amico è proprio quell’Urban. Conosciuto meglio, l’austriaco sa essere davvero di compagnìa.

in foto: il monumento ad Ernesto Cairoli e a Giuseppe Garibaldi, piazza XXVI Maggio, Biumo Inferiore, Varese

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