Undici
Consumato il
pranzo –quattro bocconi buttati giù per dovere- Sofia era tornata in camera.
Entrata, con circospezione e un po’ di timore, la sorella l’aveva vista
sdraiata a pancia in giù, testa compressa prima dalle cuffiette e poi dal
cuscino, piedi callosi lanciati in alto, che ritmavano la musica, probabilmente
You’re beautiful di James Blunt, quella che lei –date le mitragliate di
ripetizioni ossessive- aveva giudicato essere la canzone preferita della
sorella, in quella primavera del duemilacinque.
Così era, infatti:
Sofia impazziva per James Blunt e per You’re beautiful e proprio quella
stava ascoltando, traducendo il testo e complimentandosi con lei, che aveva
saputo trasformare la meravigliosa nostalgia per un amore impossibile con la
stupenda realtà di un amore, che s’era materializzato nella sostanza, quanto
mai apprezzabile, di Altin. Altin Meciani, albanese di Skoder, classe
millenovecentottantaquattro, due anni più di lei, arrivato in Italia, al porto
di Brindisi, il dieci marzo millenovecentonovantuno, sette anni non ancora
compiuti (nato infatti il ventun marzo), in braccio alla madre, guardando
impaurito il padre, perché a Brindisi faceva un freddo cane, pioveva, la
traversata in Adriatico era stata un incubo e nemmeno la voglia di novità dei
sette anni, l’amore per l’avventura che regala quell’età erano stati
sufficienti per non impaurirlo. Atterrito si aggrappava alla mamma, il suo
scoglio in quel mare di disperazione.
Questo Altin aveva raccontato a Sofia. E altro le aveva
confidato: la famiglia Meciani in varie tappe era risalita verso il nord di
quella nazione così vicina all’Albania, così diversa. I genitori avevano
trovato lavoro, casa, ospitalità e comprensione, persino affetto, tanto da
decidere di non varcare il confine. Niente Svizzera né Germania. Lì si stava
bene. Altin, figlio unico, a vent’anni compiuti poteva vantare anche un lavoro
dignitoso.
You’re beautifull finì. Adesso sarebbe
arrivata I bambini fanno oh di Povia, ma Sofia non aveva bisogno
di prepararsi, di sfruttare la canzone per succhiare gioia. La canzone semplicemente
la prendeva per mano lungo la meravigliosa china che aveva imboccato, dopo aver
conosciuto quello che molti dei suoi amici chiamavano, anche con disprezzo e un
po’ di invidia, l’albanese.
11-continua
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