TRENTUNO sei
Don
Marco fu svegliato da un rumore. Era caduto un oggetto in una stanza accanto.
Aveva il collo dolorante e la bocca impastata. Rabbia per essersi addormentato.
E un sogno, che cercò di catturare, di ricordare prima che si allontanasse
nella notte d’ospedale. E nella vergogna di quanto aveva vissuto. C’era una
ragazza, giovane, Roberta? Non lo ricordava, non aveva particolari utili a
riconoscerla, sapeva che era giovane, erano stati vicini, molto vicini, lei
nuda, cercò di ricordarsi se era nudo anche lui ma non si vedeva, era più un
sentire che un vedere, sapori più che immagini, il piacere di mani, di dita che
si infilavano, le sue, dove non avrebbero mai osato, e lei lo accarezzava oltre
il grosso colle del suo ventre, e lui penetrava e lei accarezzava, no, non era
possibile che avesse sognato questo lui, voleva dimenticare ma lottava con la
memoria, per conservare quel piacere proibito, lei, sì, forse proprio Roberta.
La guardò nella sua morte vivente, nella sua immobilità e si guardò fra le
gambe, la sua rigidità, e volle scoprire altri particolari…stava arrivando al
sommo del piacere, stava entrando in lei, in quella giovane donna che stringeva
impazzito, e lei sussurrava parole che non ricordava e baci, anche baci e lui
era in lei e il rumore, il risveglio. Ora avrebbe voluto riaddormentarsi, riappropriarsi
di quell’estasi che non gli apparteneva, brutta copia che in quel momento gli
bastava. E insieme lo terrorizzava.
Il
senso di colpa arrivò subito a risvegliarlo. Come era stato possibile quel
sogno? Perché? E Dio parlava nei sogni? La Bibbia lo confermava, Santa Parola
che conosceva a memoria. Ma Dio non avrebbe potuto insegnagli nulla con quelle
immagini. E allora perché? E perché metterci sempre in mezzo Dio? Era solo un
uomo, con un sesso, un desiderio represso, una voglia soffocata da un voto che
ora, nel momento meno opportuno, ad una svolta della vita che avrebbe richiesto
il distacco, altre gratificazioni, una nomina ecclesiale ecco, ora arrivava
quella tentazione a sporcare la preghiera. Cercò la corona del rosario. Era
caduta a terra. La raccolse. Guardò l’ora, erano passate le tre da dodici minuti.
Quanto aveva dormito?
La
giovane donna era scomparsa. Sin dove era arrivato con lei? Si sfiorò fra le
gambe, nessuna macchia, aveva bisogno del bagno, per bere, per pisciare. La
testa gonfia, gli occhi secchi, si alzò e ripercorse la strada di prima. Si
lavò, bevve, si sedette ma non riusciva ad orinare. Sfiorò quel suo piccolo
tronco che non appassiva, sapeva che non avrebbe dovuto farlo, nemmeno
cominciare, sarebbe stato peggio, una strada senza ritorno, un percorso
obbligato a rincorrere un sogno svegliato sul più bello. Ma don Marco accarezzò
ancora e la rivide e volle perdersi.
31-6 continua
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