VENTICINQUE
Peppo vide
partire la vettura dei due carabinieri. Avevano acceso la sirena ma l’avevano
spenta subito. Non c’era traffico lassù, piuttosto paura, fatica, rabbia.
Peppo, chissà perché, si fissò nella mente la targa della camionetta, E.I.
12578 e guardò Giorgio: “Dai che uno l’abbiamo tirato fuori” disse.
“Speriamo.
Povera figliola.”
“Ma è viva,
cazzo, non portar rogna.”
“E’ viva, è
viva...”
Guardarono
il tetto mutilato, la scala contro la parete della casa, il cielo ferito. Due
persone stavano lavorando, spostando piccoli detriti, briciole.
“Con lui non
ci si riesce” disse Giorgio.
“Ci vuole la
gru” disse Peppo.
“Troppo
tardi ormai, cazzo!”
Per un
attimo i loro sguardi si incrociarono. Occhi rossi, gonfi, mani ferite, terra
sui capelli, sui vestiti. Peppo aveva il viso scavato, incazzoso, rughe
profonde. I tratti somatici di Giorgio erano quelli della persona paziente, che
spera. Quieta, riflessiva.
“Che
facciamo? Andiamo su?” chiese Peppo.
“Diamogli il
cambio, dai” e Giorgio alzò lo sguardo verso la scala e il cielo.
Arrivò
un’ambulanza. Peppo pensò che non sarebbe più servita, almeno in quel cortile.
Ma l’immagine triste del giovane schiacciato dal terremoto gli procurò una
ribellione potente, prese Giorgio per un braccio: “Per la Madonna, saliamo,
dai, ce la si fa, ce la si fa ancora.”
Giorgio lo
seguì. Aveva già un piede sul piolo e si ricordò del sacerdote. “E quel prete? E’ ancora dentro casa?”
“Da lì non
combina una sega” disse Peppo.
“Rischia
soltanto.”
“Io salgo,
vado su a controllare.”
“Arrivo” e
Giorgio torno ad appoggiare i piedi a terra. Si avvicinò all’uscio.
Lo vide a metà
scala, con le mani nei capelli. Era una macchia nella penombra e nel freddo.
Non lo conosceva, cosa avrebbe potuto dirgli? Perché si era intestardito nella
scelta di provarci da lì sotto? Chi era questo don Marco? Da dove veniva? Non
avevano avuto tempo di presentarsi, si erano messi subito a spostare tegole.
“Venga
fuori” urlò Giorgio.
Don Marco
alzò la testa ma non rispose.
“Ci sono le
scosse, perché rischiare?”
Don Marco
disse qualcosa, Giorgio pensò di poter tradurre con un adesso esco, ma non ne era
sicuro.
Il tuono di
una nuova scossa d’assestamento partì da lontano, come un ruggito o un lamento
di animale ferito. Crebbe e cominciò a piovere calcina dalle pareti.
“Fuori,
fuori!” urlò Giorgio, che corse all’aria aperta.
Gli uomini
sul tetto si erano già preparati alla fuga. Peppo era a metà scala, uno era già
nell’aia, l’altro invitava a far presto, dall’alto della casa.
“Tutti via,
questa è forte” urlò un giovane che stava nel cortile. Peppo toccò terra e si
mise a correre. Giorgio restò immobile, a due metri dalla porta d’ingresso,
sventrata dal sisma. Fece un passo verso
il prete ma si fermò. Aveva troppa paura.
La gente
scappava dalle case, chiedendosi se non avessero già sofferto abbastanza, se il
male non si fosse ancora sfogato.
“Viene giù,
viene giù” urlò una donna. La scala appoggiata alla parete si sbilanciò verso
il vuoto. Cadde a pochi metri da Giorgio con un gran colpo e si spaccò nel
mezzo.
Il tremore
della terra crebbe di nuovo. Giorgio fece due passi indietro. Immaginò la
parete della casa che si sbriciolava, pensò che a quella distanza non era al
sicuro. Un pezzo di grondaia si staccò del tutto. L’uscio di casa venne
oscurato dalla terra mossa dai detriti. Una nuvola. In quella nuvola filtrò
l’urlo di Giorgio, che chiamava disperatamente don Marco. E dalla nuvola, di
corsa, venne fuori il prete, inciampò sulla scala, cadde senza grazia, si
rialzò con calma, come chi cerca di nascondere con la noncuranza la brutta
figura di una goffa caduta.
Giorgio era
corso a dargli una mano.
“Ce la
faccio, ce la faccio, grazie…” disse don Marco.
La casa
cedette all’improvviso. Si ripiegò, riempì di macerie gli spazi che avevano
ospitato vite umane, avventure, destini, sesso.
Lo
spostamento d’aria sollevò una nebbia densa e male odorante. Don Marco e
Giorgio erano rimasti i soli nel cortile. L’auto dei due giovani venne sommersa
dalle pietre. Più che vedere, i due sentirono la casa crollare, spinti dallo
spostamento d’aria. Terrorizzati, si erano messi a correre verso la strada
provinciale.
25 - continua
Nessun commento:
Posta un commento