lunedì 5 novembre 2012

Quel giorno che tremò la notte 19



DICIANNOVE

Romano si svegliò. Ma era una condizione di vita confusa: sogno, incubo, realtà. Pianse di terrore. Fregò il mento con rabbia, per ammazzarsi. Avrebbe dovuto aspettare la morte. Perché non era ancora morto? La vita non poteva sopportare quel suo martirio. Una condanna atroce. Avrebbe voluto solo dormire.
Ebbe un fremito, brividi incontrollati, tremori. Tossì. Sentì un dolore acutissimo alla schiena, al petto. Sputò qualcosa. Ebbe l’impressione di aver liberato spazio per l’aria, per le parole, una via di fuga per la sua disperazione.
Forse sarebbe riuscito ad urlare. Disse un “Aaaaaaa…” prolungato. Cercò di urlare Roberta Roberta e poi aiuto aiuto aiuto.
Il ronzio alle orecchie era diminuito. Percepiva qualcosa della sua voce. Prese coraggio. La voglia di vivere moderò la forza distruttiva dell’ansia.
Fece silenzio. Sentì qualcosa. Per un attimo pensò a Roberta, alla sua voce. Intuì che erano lontani rumori di pietre rimosse. C’era qualcuno sopra di loro. Non erano soli.
“Aiuto aiuto aiuto” e ogni parola gli costava uno sforzo tremendo.
Ora non sentiva più nulla. S’era illuso. Il rumore che gli martellava i timpani lo aveva ingannato.
Il panico lo aggredì di nuovo con una violenza che non gli lasciò scampo.   

                                                                                          19 - continua

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