NOVE
Romano era
stato capace di farle tornare la voglia di studiare. Finire prima l’università,
ora, aveva uno scopo più preciso e pressante. Ma la ritrovata passione per i
libri aveva radici poco profonde se dopo mezz’ora di studio Roberta si lasciava
distrarre dal notebook: una passata alle mail, un giro su Facebook e poi
YouTube e quella canzone.
Dalla
canzone alla proposta di Romano, che non si era fatto scrupolo di invitarla a
casa sua, in una vecchia villa dei nonni in centro Italia, utilizzata più che
altro d’estate e, raramente, durante l’anno. “In questo periodo è sporca, fa
freddo ma a me piace lo stesso” le aveva detto.
Roberta
aveva un altro impegno, proprio quel fine settimana, a Rimini.
La proposta
era stata così formulata: “Devo andare a Roma tre giorni per un Convegno sui nuovi
media, giornali on line, hanno scelto me. Ci vieni?”
“Non vorrai
portarmi a Roma.”
“No, parto
qualche giorno prima, con te, passiamo il fine settimana nella casa dei miei,
poi tu torni in treno, io tiro dritto per il convegno.”
Ma era
saltata fuori la storia di Rimini. Romano era stato conciliante: “Vediamo se
riusciamo a farci stare dentro le due cose.”
E lei si era
lanciata: “Vieni al mare con me, poi andiamo insieme dove vuoi.”
Fu il loro
primo compromesso d’amore: la domenica, dopo il pranzo, sarebbero partiti per
la villa. “Se poi ti va di stare con noi ci stai, altrimenti ti fai un giro per
Rimini.”
“Il mare in
aprile mi mette tristezza” aveva detto Romano.
“Dipende”
aveva detto Roberta. “Se trovi il sole.”
“E i tuoi
amici che dicono?”
“Ho venticinque
anni.”
“E io dove
dormo?”
“Se vuoi
risparmiare, in auto. E’ solo per una notte.”
“Se no?”
“Ti trovi
una camera.”
“Con te?”
“Noi siamo
già in tre.”
Roberta si
rigirava l’indice nei capelli, li arricciava in un bigodino, grattava alle
radici, guardava svogliata le pagine. Fra i motivi di distrazione quella
scelta. Andarci o no? E comunque avrebbe dovuto parlarne in famiglia.
***
“Ma se vi
siete appena conosciuti” disse la madre di Roberta. Nel dirlo capì che era
stata una frase inutile. Era maggiorenne da tempo. Viveva con loro, c’erano
regole da rispettare ma sarebbe servito a qualcosa ricordargliele? O sarebbe
stato motivo di una frattura più profonda?
Il padre di
Roberta se ne stava rincantucciato, con la testa reclinata sopra il minestrone di
verdura. Lasciava fare alle donne, a meno che sua moglie non l’avesse tirato in
causa, preso per il bavero e buttato nella mischia. Al che avrebbe parato il
colpo. Non che se ne fregasse. E ci soffriva. Ma era la persona meno indicata
per trovare soluzioni efficaci a problemi complessi. Non era mai stato un padre
autoritario, non l’aveva mai desiderato. Avrebbe voluto essere importante per
il bene delle sue ragazze, capace di aiutarle a trovare una via nel labirinto
dell’adolescenza, ma cominciava a convincersi di aver fallito.
“Mamma” e
stava per ricordarle la sua età e che Romano era un tipo a posto, ma Roberta
dovette lottare con una ventata di stizza improvvisa. Perché, una volta almeno,
quella donna non diventava sua complice? Non rischiava con lei? “Sono un paio
di giorni, in fin dei conti. Che palle!”
“Senti, fai
come credi.”
Già vinta la
partita? Roberta dovette ricredersi.
“E tu?” disse
la madre al padre. La domanda conteneva già tutto. Lui lo sapeva. Aspettò
d’aver mandato in gola la cucchiaiata di minestra, tempo che gli servì per
formulare con più consapevolezza il suo parere.
“Non lo si
potrebbe conoscere anche noi, questo Romano? Chi l’ha mai visto?” disse a sua
figlia.
“Se volete.”
“Perché no?”
disse la madre.
“Non vi
fidate?” disse Roberta.
“Non è
questo” disse il padre.
“E allora?”
Domanda di un
certo impegno; l’uomo prese tempo: “Allora mi farebbe piacere vedere che faccia
ha.”
“Tuo padre ha
ragione” rinforzò la madre.
“E’ che non
c’è il tempo” si scusò lei.
“Perché?”
chiese lui.
“Alla sera
lavora.”
“Anche il
sabato?”
“Sì.”
“Domenica
prossima, a pranzo” propose il padre.
“Provo a
chiederglielo” disse Roberta, ma qualcosa le stonava dentro.
E per una
coincidenza di pensiero, anche la madre ebbe l’impressione d’essere così
vecchia da ricordarle la sua, di madre. “Senti” concluse, “stai attenta.”
“Attenta a
che?”
“Il viaggio…”
“Non guido
io.”
“E Romano?
Guida bene?”
“C’è da
fidarsi.”
“Hai già
fatto un viaggio lungo con lui?”
“No.”
“E allora?”
“Guida bene,
ti dico.”
Ora la
discussione era accademica. E al padre bastava quell’assenso. S’accodò come un
ciclista, facendosi tagliare l’aria da chi lo precedeva: “In fondo si tratta di
un paio di giorni, giusto?”
“Già” disse
Roberta. “Oltre a Rimini, un lunedì, martedì al massimo.”
Lui tornò a gustare
il minestrone, la madre aveva già cominciato a pregare, Roberta li ringraziò
senza parlare.
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