mercoledì 14 marzo 2012

Il racconto del mercoledì


LA ‘GRANA’ DEL ROSARIO

Lei spense la luce e disse: “Preghiamo?”
Lui le mostrò la schiena e mandò in giro, nell’aria già viziata, uno sbuffo leggero.
Lei, a quel rifiuto, sarebbe stata zitta, come sempre, e avrebbe pregato da sola. Ma quella notte volle protestare con gentilezza. Volle capire. “So che c’è qualche problema.”
Lui le avrebbe risposto: ‘Già, e allora perché me lo chiedi?’ ma in quella camera da letto cadde provvidenziale come pioggia nell’arsura la voglia di dialogo. “Sì, ho problemi” le rispose e tornò a regalarle il volto, girandosi sul fianco opposto con lentezza.
Lei sorrise nel buio. “Parliamone.”
Lui avrebbe detto: ‘Mi sono voltato apposta’ ma disse: “Non ci credo.”
“A Dio o alla preghiera?”
“Se credessi in Dio probabilmente pregherei.”
“E’ vero” rispose la donna, che si ricordò di non essersi lavati i denti. Temeva di avere l’alito non gradevole. Per questo s’allontanò una spanna da lui.
“Mi sembra una via di fuga, parole regalate al buio” disse lui.
“Il rischio c’è. Ma siamo così fragili, non senti che può finire tutto subito?”
“Ho paura, ho paura ma quando me la sento dentro penso ad altro.”
“Potresti pregare. Fa bene.”
“Oppure dormire. Fa bene anche quello.”
“Non potrei dormire senza tenere in mano il rosario” e dicendolo si voltò verso il comodino, senza dar fuoco all’abat-jour.
Lui sentì rumori di fogli spostati, di libri scansati e l’usuale vocina dei grani della corona. “La tua coperta di Linus” le disse.
“Il microfono che mi mette in comunicazione con Lui, e con Maria.”
“Sono anni che la stringi in mano.”
“Dieci, fra pochi giorni…dalla malattia di Luca, ricordi?”
“Allora ho pregato anch’io.”
“Luca è guarito.”
“Ma forse Dio non c’entra.”
“E se c’entrasse? Almeno per ringraziare.”
“Hai ragione, ci ho provato.”
“Lo so, e sai anche che io prego perché tu possa pregare.”
“Sai che te ne sono grato. Ma dovresti aumentare la dose, se questi sono i risultati” e si pentì subito d’essere stato ironico. “E’ che preferisco contare sulle mie forze. Senza attendere miracoli.”
“E sbagli.”
“Sbaglierò...” e nel dirlo temette la domanda, che si presentò.
“Preghiamo insieme?” disse lei.
“Sì, ma non chiedermelo come un favore.”
“Te lo chiedo come un bisogno.”
“Allora ho bisogno che tu mi stringa” e cambiò fianco, mostrandole nuovamente il culo.
Lei aderì a lui con tutta se stessa. Recitarono un PaterAveGloria.
Lei avrebbe voluto dirgli ‘Grazie’ ma si trattenne.
Lui lei disse: “Buona notte, santa donna.”

***

La notte era passata veloce. Il rosario era caduto a terra, a lato del letto.
La sveglia suonò alle sei. Lei la spense: aveva dormito senza interruzioni, si sentiva riposata, la prospettiva della giornata di lavoro non la intristiva. A quei primi pensieri assonnati unì i primi ringraziamenti del mattino, a Dio e a quella Madre del cielo che prima di addormentarsi le avevano concesso di scambiare due parole sincere con l’uomo della sua vita.
Si posizionò seduta sul letto senza accendere la luce. Tastò coi piedi per terra, tenendo gli occhi chiusi per godersi gli ultimi rimasugli della notte di quiete. Sentì il morbido delle ciabatte, le trascinò vicino, le calzò, si mise in piedi spingendo con le braccia sul materasso, che si curvò sotto il suo peso.
Aprì gli occhi e trovò il buio della camera da letto. Fece due passi pregustando il piacere della prima colazione. Il terzo passo incontrò i grani del rosario.
Quella mattina lui fu svegliato da un rumore inatteso, da lamenti e dal silenzio. Allungò il braccio sinistro, il posto di lei era ancora caldo.

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