sabato 30 aprile 2011
Il mio Karol
Speciale Elezioni 7
La vigilia
Speciale Elezioni 6
Che fatica!
Il volo di Lara
A pochi centimetri
Sabato: lettera ai giovani
venerdì 29 aprile 2011
Un grande trecentista
La fatica di Camilla
La 'lunga' Silvia
Francesca over 40
Eleganza
Brava, Carolina
Una 4x100 velocissima
Una 4x100 speedy
Bravissimi
giovedì 28 aprile 2011
Speciale Elezioni 5
mercoledì 27 aprile 2011
Meazza on line
Un libro da leggere
La superfoto di Carlo
Speciale Elezioni 3

IL RACCONTO DEL MERCOLEDI'
IL CAVALLO
‘A caval donato non si guarda in bocca’
Sono il cavallo Donato. Di nome, di nome, vi prego, non commette anche voi l’errore di tanti, veterinari odontoiatri compresi. Donato perché l’ha deciso mio padre Ippolito (che immaginazione di nome) che venerava suo padre Donato. Donato il nonno, Donato il nipote.
I proverbi sono truffaldini, insidiosi, mendaci e possono far danno, quando si presentano con scritture ambigue.
Basta una D maiuscola o minuscola e cambia tutto. La mia è Maiuscola ma i più non lo vogliono capire.
“Vieni al dunque” direte voi. Qual è, dunque, il motivo delle mie rimostranze?
Un mal di denti, e noi, oltre alla febbre (da cavallo) abbiamo anche grossi denti (da cavallo). I miei sono spesso dolenti. Resisto, costa assai andare dal veterinario. Ma venti giorni fa il dolore s’è fatto assolutamente inconciliabile con la mia quota di pazienza. Sono andato dal veterinario, un certo dottor Casimiro Quagliotti: ditemi, uno che si chiama così non può esser furbo, né tanto meno duttile, elastico mentalmente. Ci si presenta: “Lei è?”
“Donato…e che sono un cavallo mi pare inutile specificarlo.”
“Cavallo Donato?”
“Sì…”
“Non se ne fa nulla.”
“E perché?”
“Mi dica, con che animo posso guardarle in bocca?”
Perplesso io, eppure me lo immaginavo.
“Vuole che le ripeta il proverbio?”
Non commentai. Mi voltai e scalciai, come si conviene alla mia razza.
Il mal di denti, per fortuna, se n’è andato da sé.
martedì 26 aprile 2011
Speciale Elezioni 2
Gregory Peck al Golf Club Varese
Speciale Elezioni 1

lunedì 25 aprile 2011
Sopra, sotto, a destra, a sinistra
I soffi dei bimbi
25 aprile
domenica 24 aprile 2011
Pasqua di Resurrezione
sabato 23 aprile 2011
Auguri, cara Matilde
Non c'è risposta
Paola e Gianluigi
Sabato Santo
Sabato: lettera ai giovani
venerdì 22 aprile 2011
Anticipo di maggio
Go, Moch!

Gli auguri del poeta
Venerdì Santo
giovedì 21 aprile 2011
Giovedì Santo
Padre Mauro
mercoledì 20 aprile 2011
Gli auguri
IL RACCONTO DEL MERCOLEDI'
LO SPECCHIO
Sono lo specchio di un parrucchiere da uomo. Sono qui da una vita. Ho visto migliaia di volti, di sguardi, di capelli cadere, di tristezze salire. Conosco ogni genere di taglio, ogni qualità di capello, ma soprattutto conosco, e bene, le sottigliezze di un presagio che, di anno in anno, di taglio in taglio, si concretizza in timore, sospetto fondato, quasi certezza, certezza e infine pena.
Contro di me cozzano gli sguardi di chi scruta, cerca conferme di stabilità, nota zone di luce, spazi che si aprono verso un futuro per nulla promettente.
Le prime tristezze giungono sui vent’anni. E sono le più cupe. Si capisce che non potrà durare, il malcapitato lo sa e allora, di seduta in seduta, aguzza la vista e insieme si immerge nelle profondità della depressione da calvizie precoce. Infine la rabbia, con rapata senza censura, al grido: “Calvo è sexy!” E qui si consuma la prima selezione naturale. Mi soffermo allora sugli sguardi temporaneamente soddisfatti di chi ha passato il primo giro di vite e può guardare al futuro con parvenze di ottimismo. Ma se lo sfoltimento è più lento, dando in apparenza l’agio di abituarsi al cambiamento, in verità il lutto è sempre grave, e l’elaborazione comunque lunga e penosa. Sicché gli sguardi si fanno sospettosi, più penetranti, indagano, curano, tracciano immaginarie linee che non andrebbero mai valicate, spostano i confini, si abituano a nuove visioni. Infine, presto o tardi, ma sempre a denti stretti, accettano.
E’ un duro lavoro il mio. Contemplare, impotente, la melanconia di generazioni di insoddisfatti non è facile. A volte, quando mi par di capire che dietro quei due occhi persi vi sia davvero una lancinante pena esistenziale, lascio andare qualche lacrima. So che tutti pensano si tratti di gocce di profumo spray finite sullo specchio, di schizzi d’acqua. Si tratta, in verità, della mia muta compassione.