Ieri ho visto il mio 24° film di Ingmar Bergman. Titolo: IL SEGNO. Girato nel 1985, è considerato il film più pessimistico del regista svedese. Il che la dice lunga. L'ho visto poi nell'originale in svedese, con sottotitoli in italiano. Un dialogo stringente, un faccia a faccia ininterrotto fra un uomo e una donna (una splendida Harriet Andersson), roba da martellarsi le palle per più di un'ora. Ed io mi domando quale misterioso motivo mi induca a vedere simili film. Certo, le tematiche di Bergman sono anche le mie, ma lui le sviluppa (salvo eccezioni) in modo talmente contorto e simbolico e astrattamente realistico che uno resta senza parole. Eppure l'ho visto, e sino alla fine. In compenso, e sempre di Bergman, ho molto apprezzato L'ADULTERA (del 1970), film di una semplicità sconvolgente (stando ai parametri bergmaniani), con una strepitosa Bibi Andersson.
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