Credo che la felicità sia una questione di qualità più che di quantità. Scegliere la parte migliore e gustarla, non sommare tante parti più o meno buone. La paura della morte (sempre imminente, a qualunque età) porta necessariamente al fare, ma c'è -a mio avviso- un fare affannato e un fare più rilassato, frutto della consapevolezza che, comunque, tutto non potremo assaggiare, né tutto visitare. Senza arrivare al distacco degli asceti, c'è il salutare distacco dalle cose delle persone normali, evangelicamente disposte ad accettare la lezione dell'umiltà.
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